Kickboxer - Il nuovo guerriero (di M. DiSalle e D. Worth, 1989)

Creato il 09 maggio 2013 da Frank_romantico @Combinazione_C

Dopo un periodo di prolungata assenza, eccomi di nuovo qui. Dovete scusarmi, ma la vita reale a volte morde e non lascia il tempo per respirare, figuriamoci per scrivere. Eppure la lontananza a volte chiarisce le idee, mette a dura prova i sentimenti e se sono tornato vuol dire che in fondo di stare qui non ne posso fare a meno. Però, visto che il tempo avuto a disposizione è stato veramente poco, non sono riuscito a vedere (o ad ascoltare, o a leggere) nulla di nuovo. Nulla tranne Kickboxer - Il nuovo guerriero. Ecco, lo ammetto (ma forse in passato lo avevo già rivelato): quando ero bambino andavo matto per i film di Jean-Claude Van Damme. Non me ne vergogno, han fatto parte della mia formazione. Certo, a guardarli adesso quegli stessi film sembrano ridicoli, probabilmente lo sono, e la stessa sensazione si prova riguardando Kickboxer. Alla fin fine la ricetta è sempre la stessa e il piatto è il solito a base di combattimenti, tornei, allenamenti e arti marziali. In questo caso siamo nel 1989, due anni dopo il debutto ufficiale Senza Esclusione di Colpi, quattro anni prima della rinasciata al fianco di John Woo in Senza Tregua
Kurt, fratello di un campione di arti marziali rimasto paralizzato in seguito a un combattimento, si impegna in un massacrante allenamento. Obiettivo: battere Tong Po, il campione thailandese responsabile dell'infermità del fratello.
Ecco, alla fine si tratta del solito meccanismo buoni contro cattivi: il buono perde, si allena e alla fine si scontra di nuovo col cattivo, questa volta sconfiggendolo. L'unica variazione sta nel (anch'esso classico) tema della vedetta che rende il film della coppia Mark DiSalle e David Worth una copia in salsa karate del più famoso Rocky IV. Qualcuno potrebbe obiettare che questo Kickboxer sia molto più vicino ai vari Karate Kid o Il Ragazzo dal Kimono d'Oro e anche questa affermazione non sarebbe poi così lontana dalla realtà. Se non fosse che il film con Van Damme - qui anche sceneggiatore (ahahah) - ha un taglio decisamente più adulto e violento, che il livello delle coreografie è decisamente alto così come quello attletico dei personaggi. E alla fin fine Kickboxer si rivela per quello che è: un film tipicamente anni '80, incredibilmente violento e spettacolare, privo di qualsiasi valore cinematografico. 
Poche cose rendono questo lungometraggio indimenticabile e una di queste è sicuramente Michel Qissi nel ruolo di Tong Po, un personaggio che è rinmasto ben ancorato nell'immaginario comune tanto da meritare di essere riproposto in uno dei quattro sequel dedicati al film.
Forse a 10-15 anni si bada all'essenza delle cose. A quell'età, quando guardi un film del genere, non pensi che avrebbero potuto scriverlo o giarlo in maniera diversa. Pensi alle mazzate che si danno i personaggi, ai calci rotanti e alle accrobazie. Non pensi nemmeno che quello del protagonista non sia Muay Thai ma una combinazione tra Muay Thai e Shotokan Karate (disciplina di cui Van Damme è campione e cintura nera). Semplicemente, non pensi. Con il senno di poi, con l'affinamento del gusto e il passare del tempo, il valore di certe pellicole viene pesantemente ridimensionato. Alla fin fine resta l'intrattenimento, le botte e la possibilità di assistere a qualcosa di piacevole nella propria inutilità e bruttezza. E in fondo si tratta di film cult, che mi hanno cresciuto e che guardo ancora con piacere e nostalgia. Anche se spesso sono solo l'occasione per permettere ad una star di esibirsi in calci rotanti e nell'immancabile spaccata.


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