Ki‘i Pōhaku: segni con Aloha

Creato il 26 dicembre 2010 da Zfrantziscu

di Atropa Belladonna
Li chiamano Ki‘i Pōhaku (immagini su pietra) o Kaha ki‘I (immagini incise). Difficile afferrarne la valenza, quando si arriva ad Honolulu, la metropoli a sei corsie di autostrada dell'isola di O'ahu, con i suoi orripilanti grattacieli sulla spiaggia di Waikiki. Purtroppo non avevo tanto tempo per andare in giro a caccia di segni sulla roccia, allora mi sono comprata un libro al Polynesian Cultural Center (1).Dei petroglifi hawaiani si sa ben poco, a cominciare dalla datazione per finire con gli esecutori. Sono di certo uno degli aspetti più intriganti delle già di per sé misteriose isole Hawaii. Sicuramente non sono databili all'età della pietra, come sono invece la maggioranza dei petroglifi che conosciamo: si pensa che i più antichi risalgano al I millennio d.C. e che fossero ancora in uso da una categoria di kahuna (maghi, preti, esperti) nel XIX secolo. Ma che significano e chi li ha introdotti nelle isole? sono disegni o qualcosa di più? Secondo i kūpuna (anziani) delle isole essi “Sono la nostra scrittura antica e raccontano la nostra storia”. Inoltre secondo alcune tradizioni essi sono stati fatti da sacerdoti ed hanno un significato solo per gli iniziati. Un “racconto” purtroppo vulnerabile, esposto alle intemperie, alla lava, agli immancabili vandali. Delle tante vicende e teorie che ruotano attorno ai petroglifi hawaianii, due sono particolarmente interessanti. La prima è legata alla Svezia. Nel 1627 Peder Alfson descrisse petroglifi trovati in una grotta sulla costa sud-occidentale della Svezia, a Bahuslan, incisioni eseguite da antichi abitatori tra il 1000 ed il 500 a.C. , con straordinarie similarità con i petroglifi hawaiiani. Oggi si sa che questo tipo di segni appartengono ad una cultura, pre-vichinga, che si estese lungo tutta l'Asia settentrionale, fino al Pacifico. Alcuni, con un po’ di fantasia, legano queste osservazioni alla vulcanica dea Pele, descritta come chiara di pelle e di capelli, arrivata via mare da una terra lontana (2). Alla dea Pele è connessa anche la seconda storia. La nobile Kapiʻolani (c. 1781–1841) cugina di re Kamehameha I, sfidò nel 1824 la dea al cratere Halemaʻumaʻu. Affascinata dalla predicazione dei missionari cristiani imparò da loro a leggere e scrivere; salì al cratere, con una miriade di seguaci e sottoposti, dove incontrò una sacerdotessa di Pele che la fronteggiò leggendo da un kapa segni misteriosi esprimenti il verdetto della dea. Kapiʻolani dopo aver osservato i segni protestò che non erano comprensibili, che quella non era scrittura e da allora abbracciò definitivamente la fede cristiana, che le proponeva testi di certo più decifrabili. (1) Petroglyphs of Hawaii, di Likeke R. McBride, 1998 (edizione riveduta). (2) Unsolved Mysteries of the Sea, di Lionel Fanthorpe, Patricia Fanthorpe, 2004

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