Un complesso videogioco di strategia a scorrimento laterale in cui si utilizzano solo quattro tasti? Kingdom ci dimostra che tutto ciò è possibile, e lo fa con stile.
Comparso dal nulla quest’autunno, un po’ come fanno i funghi, Kingdom è il primogenito dell’unione fra Noio e Licorice e ci dimostra come il panorama dei videogiochi indie sia ancora in grado di sfornare prodotti originali e interessanti, prendendo ciò che c’è già di buono sul mercato e sfruttandone i punti di forza in un contesto diverso.
Da browser game alle grandi piattaforme di distribuzione
Kingdom nasce nel 2013 come gioco in flash dalle abili mani dello sviluppatore olandese Thomas van den Berg, fondatore di Noio. Colpisce subito il pubblico di siti come Newgrounds per la sua apparente semplicità, che sotto la superficie nasconde una profondità strategica assolutamente impensabile per un gioco dotato di un’impalcatura così minimale. Il grande successo e la popolarità ottenuti in questo modo attirano l’attenzione di Marco Bancale, sviluppatore italiano residente in Islanda, fondatore di Licorice, che dopo averci giocato diverso tempo decide di proporre a Thomas un porting all’iOS, il sistema operativo di Apple. Da qui in poi nasce il progetto che porterà Kingdom a diventare molto di più: grazie al passaggio alla piattaforma di Unity, viene ampliato il gameplay, viene migliorata la grafica e il gioco inizia ad assumere la forma di un prodotto degno di distributori importanti. Non a caso, grazie anche ad un’attenta pianificazione di marketing, il gioco giunge su piattaforme del calibro di Steam, Humble e GOG, sotto l’egida dell’(un)publisher Rawfury.
Qualcuno ha detto Dark Souls?
Gameplay più unico che raro
Ma che cos’è esattamente Kingdom? Si tratta di uno side scroller (gioco a scorrimento laterale) strategico molto particolare, difficile da paragonare ad altri prodotti a causa della sua originalità. Il giocatore controlla un monarca a cavallo e con soli quattro tasti (destra, sinistra, sprint e un tasto di interazione) deve costruire le fondamenta di un regno, partendo da un accampamento fino a farlo diventare una fortezza, difenderlo da ondate sempre più numerose di nemici e, infine, distruggere le sorgenti che generano queste masnade ostili. Ciò che rende davvero unico Kingdom è il modo in cui il re, o la regina, riesce a fare tutto ciò: l’unica azione che si può compiere con il tasto di interazione è quella di far cadere o assegnare monete; si potrà così dare monete a persone, finanziare la costruzione e la riparazione di edifici, ordinare disboscamenti e comprare utensili.
Per trovare nuovi sudditi dovremo rischiare avventurandoci nelle foreste
Inizialmente, per fare un esempio, ci si dovrà avventurare nelle foreste, cercare gruppi di nomadi, pagarli per convincerli ad unirsi al vostro villaggio e comprar loro l’attrezzatura necessaria a specializzarli nelle diverse professioni. Questi investimenti genereranno monete che si potranno investire ulteriormente, rinnovando il circolo virtuoso. Inizialmente sono presenti due classi di specializzazione per i sudditi: gli operai, che costruiranno, ripareranno e disboscheranno, e gli arcieri, che cacceranno la selvaggina e difenderanno il borgo; vi sono poi altre due classi più avanzate alle quali si potrà accedere facendo crescere il regno. È richiesta un’attenta pianificazione della distribuzione dei ruoli e del tempo che si spende ad esplorare le foreste, se non si vuole soccombere in pochi giorni. L’esplorazione è un aspetto importante anche perché il mondo di gioco, così come l’aspetto estetico del vostro monarca e del suo blasone, viene generato casualmente all’inizio di ogni partita.
La distruttiva forza dell’avidità
Altro elemento fondamentale di Kingdom, infatti, è la difficoltà e sono due gli aspetti che lo rendono così ostico: la quasi totale assenza di istruzioni e di un’interfaccia e la brutalità con cui vi assalteranno i nemici. Gli stessi sviluppatori hanno definito il gioco simile a The Binding of Isaac o a Dark Souls, un prodotto “easy to learn, hard to master” (facile da imparare, difficile da padroneggiare), per il fatto che non tiene per mano il giocatore nella sua avventura, ma questi deve essere curioso e imparare dai propri fallimenti. E di fallimenti se ne vedranno tanti, perché i nemici sono brutali e numerosi. Estremamente interessante è il loro concept, perché in un gioco in cui le uniche azioni che si possono compiere sono muoversi e spendere soldi, il nemico non poteva che essere l’avidità. “Greed” si chiamano le grottesche creature che assalteranno le vostre mura sotto la pallida luce della luna e il loro modo di danneggiarvi non sarà quello di uccidere i vostri cittadini e il vostro monarca, ma di privarvi di ogni vostra ricchezza: ruberanno i vostri utensili, metteranno in fuga i sudditi che con tanta fatica avete radunato, vi ruberanno i soldi dal borsello finché non vi rimarrà che la vostra corona e se anche questa finirà nelle loro grinfie sarà Game Over. D’altronde, come dice il gioco stesso, “Niente corona, niente re”.
Un’atmosfera eccezionale
A dar manforte all’originalità del gameplay è, senza dubbio, il comparto tecnico. La grafica, realizzata in pixel art, è qualcosa di meraviglioso, confezionata con una tale cura per i dettagli da voler rimanere fermi a guardare i paesaggi per diversi minuti, se non fosse che il tempo scorre inesorabilmente e i nemici sono spietati. Dagli effetti di luce, alle monete che cadono nel vostro borsello quando le raccogliete (unico elemento di interfaccia), ai riflessi del lago lungo il quale si svolge tutta la vicenda, tutto è stato curato con evidente passione. È difficile immaginare un prodotto in pixel art migliore di questo, soprattutto perché la scelta di uno stile grafico per sua natura minimale è perfetta per il gameplay di Kingdom. La colonna sonora, dal canto suo, completa il quadro: composta da Amos Roddy, centra in pieno l’atmosfera che delinea il comparto grafico, aggiungendo un senso di magia e tranquillità al tutto. Allo stesso tempo risulta incisiva ai fini del gameplay, in quanto permette di distinguere chiaramente le notti che prospettano assalti particolarmente violenti da parte del nemico da quelle, invece, serene. Insomma, Kingdom richiede l’uso dei sensi, oltre che del cervello.
Da accampamento a vera e propria fortezza, ma anche i nemici diventeranno più forti…
Conclusioni
Kingdom è un prodotto decisamente interessante perché potrebbe diventare incisivo come modello più che come gioco in sé, un po’ come accade con gli abiti delle sfilate di moda. Il gameplay, allo stato attuale, non è esente da difetti poiché superato lo stadio iniziale di progressione e di scoperta risulta piuttosto ripetitivo e, soprattutto nelle fasi più avanzate della partita, rischia di diventare noioso. È ancora necessario un po’ di lavoro di bilanciamento e la longevità non è sicuramente elevata per i giocatori che imparano a padroneggiare rapidamente le meccaniche di gioco, a causa di una quantità di contenuti limitata. D’altro canto va riconosciuto il valore artistico e l’originalità di un gioco che con soli quattro tasti ti porta a riflettere e a pianificare con attenzione ogni propria mossa, il tutto contornato da una cornice grafica e sonora meravigliosa. Giocare a Kingdom, in definitiva, è un po’ come guardare il dipinto di un paesaggio rurale che si trasforma e rimanerne affascinati.
Lo potete trovare al prezzo di €9,99 su Steam, Humble Store, GOG, Green Man Gaming e Nuuvem per sistemi operativi Windows, Mac e Linux.
Trailer di lancio