"Klemens" - Marina Palej
Da Rossellamartielli
traduzione e cura di Emanuela BonacorsiEAN 978-88-6243-086-9casa editrice: Volandprezzo 15.00 euromaggio 2011pp. 368
Mike, giovane traduttore pietroburghese ebreo e cosmopolita, scompare lasciando dietro di sé un buco nello specchio e un manoscritto. Destinatario ideale delle sue memorie è Klemens, turista tedesco innamorato dell’anima russa e suo occasionale inquilino. Inizialmente accolto con disappunto, il giovane diviene oggetto di una passione divorante, di un sentimento sorretto dalla disperazione, da un’isteria che si rivela fertile per la scrittura. L’amore sofferto di un uomo per un uomo si fa così metafora dell’impossibilità di essere autentici e del desiderio perennemente frustrato dell’altro.La mia recensione su SoloLibri.net:“Klemens” di Marina Palej, edito da Voland nel 2011, può essere definito un libro tragicamente e genialmente assurdo. Dopo un prologo che contiene in sé tutti gli elementi di un epilogo, che trascina istantaneamente il lettore nel pieno della vicenda narrata, ecco che la parola va al protagonista incontrastato del libro: Mike, giovane ebreo russo che di mestiere fa il traduttore, padre e marito suo malgrado, come si scoprirà in seguito. Mike è scomparso nel nulla, lasciando come unici ricordi di sé un manoscritto e un numero indefinito di buchi sugli specchi di casa. Nelle prime pagine apprendiamo che la vedova è furiosa e sconvolta, che sta quasi perdendo il senno per via del manoscritto incriminato. Ma che ci sarà mai di così terribile in un mucchio di fogli fittamente scritti?... (continua a leggere su SoloLibri.net)
La mia recensione su La Bottega di Hamlin:
Pubblicato da Voland nella collana “Amazzoni” – tradizionalmente riservata ad autrici femminili dalla scrittura audace e sferzante, «che mira al cuore e al cervello dei lettori» – il romanzo Klemens della pietroburghese Marina Palej assomiglia a una doccia fredda, a un pugno in pieno stomaco che sulle prime lascia il lettore basito, vagamente confuso.Perché la scrittura della Palej, pur riprendendo a tratti uno stile letterario classico (un flusso di coscienza isterico e disturbante, che rende appieno lo stato d’animo del protagonista), in realtà rompe con ogni tradizione: fortemente simbolica, inarrestabile come un fiume e dall’architettura minuziosamente perfetta come la tela di un ragno, la narrazione ben presto cattura il lettore in un universo parallelo, quello di un giovane traduttore pietroburghese, Mike, scomparso nel nulla. Dietro di sé ha lasciato un manoscritto e diversi buchi negli specchi di casa... (continua a leggere su La Bottega di Hamlin)