Per festeggiare la fine dell'estate volevo andare ad arrampicare, ma Jeannine e Adrian sono in Sardegna, May ha una gara di vela, Patrick ha la ragazza, Xavier un impegno. Ho anche messo un annuncio sul sito di arrampicata e l'unico che mi ha risposto è un sessantenne che però mi diceva che il tempo non era abbastanza bello (non so che previsioni abbia guardato, visto che non cadrà una sola goccia di pioggia in tutta la Svizzera). Insomma, per farla breve ho deciso di fare una ferrata che avevo addocchiato in giugno ad Engelberg. Fare una ferrata da solo non è proprio il consiglio del capitolo primo del manuale della sicurezza in montagna, ma chi se ne frega.
Mi dimentico a casa il libro sulle valanghe, la lettura per il viaggio in treno, per cui compro la Repubblica, da cui apprendo che la Tunisia che avevo conosciuto fino ad un paio d'anni fa è impazzita e che delle folle di uomini barbuti con gli occhi iniettati di sangue hanno fatto un macello proprio dietro a quella che per qualche mese è stata casa mia: l'orrido quartiere di Berges du Lac, costruito con soldi sauditi e sede di varie ambasciate, tra cui quella americana. Il giornale non sembra contenere una sola notizia positiva a parte la marea bassa dello spread. Per il resto c'è corruzione, populismo, pre-campagna elettorale e polemiche posticcie sulla morte di un cardinale in fase terminale.
Chiudo il giornale quando il treno arriva ad Engelberg e vengo accolto da una brezza fresca, quasi fredda. Il sole illumina il ghiacciaio del Titlis e nel cielo c'è qualche occasionale parapendio, ma non una nuvola. La passeggiata fino all'attacco della ferrata è puro piacere mattutino.
La ferrata è ben frequentata e davanti a me ci sono tre svizzeri molto concentrati. Dietro arriva un gruppetto di italiani annunciati dal consueto casino. Mentre sto per salire, una delle ragazze mi chiede in inglese "è vero che la ferrata è per alpinisti esperti? Vero? Io ho le vertigini e ho paura. Meglio che non la faccia vero?" Più che delle domande sembra avere bisogno di conferme che sia io che gli svizzeri le diamo: "non farla, è meglio", le diciamo, prima che scompaia sul sentiero normale. E' ormai da molto tempo che ho smesso di tentare di capire la gente.
La ferrata si rivela piuttosto divertente, con vari pezzi perfettamente verticali in mezzo alla parete. Ogni tanto tocca aspettare che quelli davanti si muovano, ma il panorama non delude. C'è anche tempo per mangiare qualcosa e per vedere lo zaino di uno degli svizzeri farsi un volo di cinquecento metri verso valle. Sospetto che lo smartphone che c'era dentro non sarà più smart a fine giornata.
La salita è completamente assistita da supporti metallici o scale, quindi non è tecnicamente difficile, ma è piuttosto faticosa perché interminabile. L'ultimo pezzo - una scala sospesa a dei cavi sopra uno strapiombo - non è per deboli di cuore.