Me lo chiedo da giorni, da quando ho iniziato a leggere i numerosi articoli e post che hanno seguito l’evento. E mi sono fatto alcune idee precise.
In primo luogo, voglio donare il mio ringraziamento a chi ha creduto in kLit, dai relatori agli artisti, dagli sponsor alle istituzioni, ma soprattutto alle persone che vedete nella foto, senza di loro kLit non ci sarebbe stato a Thiene. Persone che hanno dato il proprio tempo per un'idea e mi è stato detto da molti che sorrisi e professionalità si abbracciavano nelle magliette nere.
Era il primo festival dei blog letterari in Europa, non nella provincia di Vicenza, in Europa. Una sfida rischiosa, come tutte le sfide. I rischi li avevamo messi in conto, consapevoli del possibile caldo, consapevoli dei limiti dentro i quali dovevamo organizzare l’evento (economici e strutturali), consapevoli che il passaggio recentissimo a Thiene da una giunta comunale a un’altra potesse creare qualche difficoltà, consapevoli del territorio, perché nel profondo nordest la cultura “alta” non ha mai vinto contro la sagra della polenta e della salsiccia.
I numeri. I numeri hanno tenuto banco, perché avevamo dichiarato che potessero farci compagnia a Thiene circa 15.000 persone nei due giorni, mentre ci siamo dovuti accontentare di circa 8.000 persone, tante o poche? Meno di quanto pensavamo, eppure continuo a dirmi da giorni che, sebbene i numeri siano importanti, non è possibile giudicare un’auto soltanto dai cavalli in grado di scatenare sull’asfalto, non vi sono anche la sicurezza, la bellezza, i materiali utilizzati, i comfort, ecc.? Ripeto, i numeri contano, contano per gli sponsor per esempio. Perché, accanto alle tante discussioni che potremmo generare, va detto che un festival necessita di soldi, non virtuali, reali. E immagino non pensiate che qualche mecenate si sia presentato a noi dicendo «non preoccupatevi, ecco 100.000 euro, organizzate un evento figo!». Ogni euro è stato studiato e sudato, con priorità, magari discutibili, mentre lottavamo per avere cento euro in più, non 20.000 euro in più. Perché a tutti sarebbe piaciuto fare diversamente e «tu troverai sempre quelli che pensano di conoscere il tuo dovere meglio di quanto non lo conosca tu stesso», sosteneva R.W. Emerson nell’Ottocento, ma non è stato facile conquistare il denaro sufficiente per fare girare la macchina organizzativa e, da dentro, noi organizzatori abbiamo vissuto momenti davvero complicati sul piano psicologico, quando qualcuno a pochi giorni dal festival ci ha fatto mancare il sostegno, in alcuni casi economico. Potrei, polemicamente, stilare un elenco di traditori o di defezioni. Potrei fare nomi e cognomi di chi ci ha colpito con un pugnale sulla schiena. Dopo un bel respiro, diciamocelo, servirebbe? No. A noi organizzatori non interessano le polemiche. Per dire che potevamo fare meglio se non… non è questo il nodo.
Il nodo è un altro, almeno dal mio punto di vista. E ora parlo esclusivamente da Morgan Palmas, non come organizzazione di kLit, quindi le mie parole non sono quelle di Marta Dalle Carbonare, Anna Casasola, Stefano Verziaggi e gli altri organizzatori, ma le mie, da blogger da più di dieci anni, da fondatore di un noto blog letterario.
Thiene ha perso un’occasione, per mille motivi sui quali potremmo confrontarci, ma rimane il fatto che ha perso un’occasione, poteva essere una festa ancor più bella, perché è stata una festa. Noi organizzatori potevamo di sicuro fare altre scelte: meno eventi in contemporanea? Meno location? Più pubblicità nel territorio? Altro periodo? Nulla abbiamo lasciato al caso, discussioni infinite fra noi organizzatori, perché avevamo alcuni presupposti. Quali?
Un esempio, fra i molti.
Mi hanno contattato dall’anno scorso quasi mille blogger, chi per partecipare al festival, chi per sostenerlo, ognuno con il suo motivo, tanto che mi è stato impossibile rispondere a tutti, o facevo il festival o rispondevo a ogni mail, perciò ho dovuto compiere una scelta da equilibrista, provando ad andare avanti con entrambe le cose. Qualcuno si è infastidito per la non risposta e mi dispiace, per fortuna sono riuscito a rispondere alla maggior parte delle mail.
Domanda uno: quanti dei quasi mille blogger erano presenti a Thiene?
Domanda due: quanti dei quasi mille blogger hanno sostenuto l’evento con post, tweet, aggiornamenti su Facebook ecc.?
Domande che mi pongo e che vi pongo.
Domanda tre: esiste il mondo dei blog letterari fuori dalla rete? È possibile tirarli via dal pc e portarli in un unico luogo fisico?
Fra le tante domande che mi frullano in testa da mesi, le tre menzionate mi coinvolgono più di altre, perché sono io stesso un blogger e mi sono chiesto: ma tu, Morgan, se ci fosse stato un festival dei blog letterari a Terni o a Cosenza, saresti andato come spettatore? Mi sono risposto che quanto più lontana fosse stata la città, tanto più difficile sarebbe stato andare, tuttavia non avrei avuto dubbi se mi avessero separato dall’evento meno di 300-400 km, qualche ora in treno e sarei andato, perché credo che i blog letterari ci saranno in futuro come ci sono oggi, credo che i blog letterari non siano nel periodo discendente, non credo, come ha sostenuto qualcuno, che i blog letterari siano morti, credo invece che non bisogna avere fretta, perché un fenomeno va osservato con una lente microscopica e, parimenti, con una lente ispirata.
Ispirata?
Certo.
Un tentativo di prevedere il futuro, senza farci condizionare troppo dal presente. E soprattutto, l’ho imparato sulla mia pelle, bisognerebbe guardare che cosa sta accadendo nei paesi anglosassoni, i quali, in particolare gli USA, sono il più delle volte avanti rispetto all’Italia di due tre anni nei temi legati a internet. Lì sono in corso dinamiche interessanti per quanto concerne i blog letterari e vorrei che il blog Sul Romanzo divenisse un ponte di consapevolezza nei prossimi mesi.
Oggi mi fermo qui, nei prossimi giorni altre domande, altre questioni, porterò nero su bianco tutto, perché penso che il confronto con voi lettori sia imprescindibile per capire il senso di kLit. Lasciate il vostro commento, se volete.
“Poiché tutto ci ferisce, perché non rinchiuderci nello scetticismo e tentare di cercarvi un rimedio alle nostre piaghe? Sarebbe un ulteriore inganno, dato che il Dubbio non è che un prodotto delle nostre irritazioni e dei nostri torti, e come lo strumento di cui lo scorticato si serve per soffrire e far soffrire. Se demoliamo le certezze non è per scrupolo teorico o per gioco, ma per la rabbia di vedere che si sottraggono, e anche per il desiderio che non appartengano a nessuno, dal momento che ci sfuggono e non ne possediamo nessuna. E con quale diritto gli altri dovrebbero trarre profitto dalla verità? Per quale ingiustizia essa si sarebbe svelata a loro, che valgono meno di noi? Hanno penato, hanno vegliato per meritarla? Mentre noi ci sfianchiamo invano per raggiungerla, essi si pavoneggiano come se fosse loro riservata e come se ne fossero garantiti per decreto della provvidenza”
[Storia e utopia, E.M. Cioran]
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