- Da Komikazen 2011: il fumetto politico di Seth Tobocman
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Forse proprio il contrasto tra coraggio e solitudine, come dici tu. Ho conosciuto Romina come una tranquilla signora che vive da sola con il proprio cane, in un piccolo appartamento della periferia di Bologna, e quando ho scoperto la sua storia sono rimasto – forse un po’ ingenuamente – colpito da quale straordinaria vita possa esserci dietro la quotidianità apparentemente ordinaria di una persona. Il coraggio di non nascondersi, ma anzi di vivere con orgoglio la propria sessualità nonostante la totale chiusura dell’epoca verso certi temi, le ha portato incredibili difficoltà (la prostituzione, il carcere, il coprifuoco, addirittura il confino!), ma anche la gioia di vivere appieno la sua vita e la soddisfazione di vedere infine i propri diritti riconosciuti: volevo raccontare, almeno in parte, queste cose, cercando però di tenere sempre presente che avevo davanti una donna con tutte le sue virtù e difetti; non volevo farne un’apologia, insomma.
È proprio così! Non ci sono (almeno non credo) messaggi diretti nel mio fumetto, ma è ovvio che la semplice scelta di raccontare una storia piuttosto che un’altra implica una presa di posizione. Rispetto agli anni ’60, ora si parla molto di più di transessualismo, la gente è più informata, ma spesso è informata male. Documentandomi per la realizzazione del fumetto mi sono accorto di quanto poco ne sapessi in realtà, di quante approssimazioni, semplificazioni ed errori si commettano. E la stampa generalista di certo non aiuta. Il mio fumetto non è certo un saggio critico, racconto solo una storia, però penso sia importante che certi temi escano dai circuiti ristretti in cui di solito se ne parla per arrivare anche ad altri media, magari anche solo per offrire un punto di partenza da cui approfondire.
Hai fatto molte ricerche sugli anni ’60 come periodo storico e sociale dell’Italia di quegli anni? Quanto di questo è riportato nel fumetto e come?
Prima di iniziare a scrivere e disegnare, ho fatto parecchie ricerche, ma soprattutto sulla storia del movimento trans in Italia: i suoi protagonisti, le associazioni, i momenti più importanti. Credo che poco o nulla di tutto questo sia poi finito nel fumetto, ma mi ha aiutato a orientarmi. Poi durante la lavorazione, ho fatto ricerche soprattutto per aiutarmi nella costruzione delle scene: foto d’epoca, ma soprattutto ho guardato, o riguardato (su consiglio di Daniele Brolli di Comma 22), molti film degli anni ’50 e ’60; sia per rispondere a dubbi ben precisi (ad esempio: com’era fatto il parlatorio di una prigione italiana degli anni ’60?), sia per cercare di rendere una certa atmosfera.
Vedendola alla luce di oggi, cosa pensi della società di allora e dei cambiamenti che l’hanno portata a quella attuale? In cosa è mutata e in cosa appare ancora ferma ad allora?
Non credo di aver studiato abbastanza per dare una risposta non banale a questa domanda! Mi vien solo da pensare che, come dicevo prima, oggi è molto più facile essere informati, ma spesso l’informazione è piuttosto superficiale, se non dannosa. Ma è appunto una risposta un po’ banale…
Ho iniziato a utilizzare il pastello bianco su carta nera ormai parecchi anni fa, prima per alcune illustrazioni, poi per storie a fumetti. Nel passaggio al fumetto la difficoltà maggiore per me è sempre stata quella di accordare il ritmo delle immagini (necessariamente lento, visto il segno “pastoso”) con il ritmo della narrazione, non riuscivo a farli coincidere. Mi sono trascinato questo problema senza risolverlo per molto tempo, ma quando ho iniziato a lavorare a In un corpo differente ho dovuto per forza affrontarlo. Ho lavorato molto sullo storyboard, come non avevo mai fatto prima, e sulla costruzione della tavola cercando di trovare il giusto ritmo. Spero di esserci riuscito!
Perché la scelta di questa bicromia? Che effetto vuoi ricreare?
Era la prima volta che usavo la bicromia. O meglio, l’avevo già utilizzata ma servendomi del secondo colore semplicemente per colorare alcuni elementi piuttosto che altri. È stato Brolli a spingermi a usarla per ricreare invece un effetto di chiaroscuro, per far “uscire” il disegno. Non so se ho raggiunto l’intento, ma devo dire che è stata una delle parti più divertenti nella lavorazione del fumetto.
Coopforwords metteva in palio la pubblicazione in un catalogo, ma soprattutto la possibilità di avere una propria mostra all’interno di BilBOlbul, che per me è stata un’esperienza importantissima. Ti dico solo che all’inaugurazione della mia mostra, che coincideva con l’apertura del festival, c’erano alcuni degli autori che amo di più: Lorenzo Mattotti, Gabriella Giandelli, David B… poi in realtà io mi vergognavo come un ladro quindi non ho osato più di tanto chiedere pareri e consigli: temevo stroncature inappellabili. Tra l’altro in quell’occasione ho conosciuto anche Marino Neri, che esponeva le tavole del suo Il re dei fiumi, vincitore di Komikazen 2008. È stato lui a parlarmi per la prima volta di questo concorso. Questo per dire che prima o poi tutto torna utile, e che i concorsi servono (anche se bisogna sceglierli bene).
Komikazen e Comma 22 ti permettono di pubblicare il tuo primo volume a fumetti. Cosa provi per questa opportunità?
È un’opportunità, come dici tu, ma anche una responsabilità: un’occasione del genere non va sprecata. Per questo, al momento, ci sono vari sentimenti: la soddisfazione per tutte le cose che ho imparato in quest’ultimo anno, la consapevolezza che ce ne sono altrettante su cui ora dovrò riflettere e da cui ripartire, e ovviamente, la curiosità e il timore di scoprire quali saranno le reazioni dei lettori.
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Abbiamo parlato di:
In un corpo differente
Fabio Sera
Comma 22, 2011
64 pagine, brossurato, bicromia – 12,00€
ISBN: 9788865030684
Riferimenti:
Fabio Sera, il blog: nelfrattempoaltrove.blogspot.com
Comma 22: www.comma22.com
Komikazen 2011: www.komikazenfestival.org