La trama (con parole mie): nel 1947, con il mondo ancora sconvolto dalla Seconda Guerra Mondiale, l'esploratore norvegese Thor Eyerdal, seguendo una teoria elaborata in quasi vent'anni di studio, partì con un equipaggio di altri cinque coraggiosi compagni dal Perù per raggiungere su una zattera costruita seguendo i metodi ed utilizzando i materiali precolombiani di millecinquecento anni prima la Polinesia, pronto a dimostrare che furono proprio gli antichi abitanti del Sud America i primi a colonizzare i paradisi tropicali da sempre creduti scoperta dei popoli asiatici.Un viaggio incredibile basato tutto sulla Fede e sulla forza di volontà, che potrebbe significare per i suoi protagonisti non soltanto l'ingresso nella Storia, ma anche l'inizio di una nuova vita e carriera e, in qualche modo, la fine della vecchia esistenza.Questo senza tenere conto del fatto che non è detto che si possa giungere alla fine tutti d'un pezzo.
Se dovessi pensare a questo inizio 2013 cinematografico, credo che il modo più calzante per definirlo sarebbe quello di "sorpresa": alle spalle, infatti, la folgorazione del meraviglioso Beasts of the Southern Wild ed il ribaltamento di opinione registrato rispetto alle aspettative di Cloud Atlas e Vita di Pi, direi che non sarebbe possibile trovare un termine più adatto per un'insolitamente stimolante apertura di annata.
Proprio all'ultima fatica di Ang Lee pare legato a doppio filo il candidato come miglior film straniero norvegese che quest'anno contenderà la statuetta più nota della settima arte ad un mostro sacro come Haneke con il suo Amour, Kon-Tiki: l'impresa di Thor Eyerdal e dei suoi compagni - realmente avvenuta e registrata in un documentario che, ai tempi, ebbe il riconoscimento più ambito proprio dall'Academy - è infatti narrata basandosi su un concetto di Fede simile a quello che rappresenta il personaggio di Pi, semplicemente applicato ad una concezione scientifica e non religiosa del mondo e sull'incrollabile volontà di portare a termine un'impresa che soltanto i grandi esploratori e pionieri di qualsiasi disciplina covano nel cuore ed alimentano come un fuoco.
Certo, l'appoccio dei due registi è decisamente meno altisonante di quello di Lee, la retorica ed i colpi ad effetto decisamente più smorzati - al contrario, sequenze come quella del confronto con gli squali ricordano più il thriller che non la favola epica -, i toni più simili a quelli del road movie autoriale - il paragone più immediato è quello con I diari della motocicletta di Walter Salles -, il finale intenso e commovente senza alcuna concessione alla ruffianeria - la lettera di Liv indirizzata al marito Thor che lo stesso apre soltanto ad impresa compiuta è da brividi, e regala uno spessore ancora maggiore alla questione legata alla volontà di realizzare l'impresa stessa - ed i titoli di coda dedicati ai protagonisti di questo viaggio straordinario contribuiscono a tracciare una linea immaginaria tra la leggenda di Tiki e questo moderno gruppo di esploratori impareggiabili quanto improvvisati, mossi giorno dopo giorno in quell'estate del 1947 da una passione folle ed incrollabile.
Dal punto di vista prettamente tecnico, la realizzazione risulta decisamente interessante, una sorta di via di mezzo tra l'estetica di viaggio e scoperta di cineasti come Peter Weir ed una confezione a tratti patinatissima, concentrata principalmente nella prima parte, dedicata alla ricerca di Eyerdal di possibili finanziatori per la sua spedizione: apprezzabili anche gli inserti in bianco e nero a riprendere quello che fu il materiale che si guadagnò l'Oscar come migliore documentario e la caratterizzazione dei personaggi, forse non approfonditi completamente eppure chiaramente distinguibili e dotati, nessuno escluso, di un carattere e di uno spessore non così semplici da fotografare in neppure due ore di pellicola.
Ma la riflessione più profonda ed intensa è senza dubbio quella legata alla fiducia che guidò Eyerdal in un'impresa che tutti gli esperti giudicarono suicida e che rappresenta una sfida vinta solo ed esclusivamente dalla forza d'animo dell'Uomo nel momento in cui è mosso dal desiderio e da un sogno: il passaggio della già citata lettera della moglie del protagonista "anche se non sai nuotare, dovessi cadere in acqua la tua determinazione ti terrà a galla" è determinante per comprendere quanto il coraggio - e in una certa misura la follia - di pionieri come Eyerdal siano stati fondamentali affinchè l'umanità potesse giungere dove si trova ora senza chiudersi in un guscio di sicurezza e dogmi rigidi e preimpostati.
Il prezzo che personaggi come questi hanno dovuto pagare è stato senza dubbio alto, dalla vita stessa a cose ben più preziose in grado di darle un senso, ma se non ne fossero mai esistiti, con ogni probabilità ora saremmo nelle caverne indossando mutande di pelo, spaventati dal fuoco come bestie selvagge.
Questa dovrebbe essere la vera Fede: quella che ci permette di saltare nel buio, consapevoli dei rischi, e pensare che, chissà, potremmo anche andare oltre e stabilire nuove frontiere che, a loro volta, dovranno un giorno essere superate da qualcuno folle almeno quanto noi.
MrFord
"Una catastrofe psicocosmica
mi sbatte contro le mura del tempo.
Sentinella, che vedi?
Una catastrofe psicocosmica
contro le mura del tempo."Franco Battiato - "Shackleton" -
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