L’ultima notte dell’anno è appena trascorsa e ancora abbiamo negli occhi i festeggiamenti: fuochi d’artificio e spumante hanno sepolto per sempre il 2013 e hanno salutato la nascita del 2014. Mi è sempre piaciuta l’idea dell’anno precedente che se ne va sotto forma di un vecchietto con la schiena curva e i capelli imbiancati, e dell’anno nuovo che arriva sotto forma di un neonato. A voi no? È forse anche per questo che una delle prime notizie che vengono date dal telegiornale di solito è proprio il nome del primo nato dopo la mezzanotte. Vediamo in quel bambino il futuro che ci aspetta e, così piccolo e innocente, non può che trasmetterci fiducia. Forse è proprio per conservare quel senso di positività che non succede il contrario. Vi siete mai chiesti infatti perché non ci viene detto anche il nome dell’ultimo morto dell’anno, di quel poveraccio che, magari solo per pochi secondi, non è riuscito a sopravvivere fino alla mezzanotte di San Silvestro? A colmare questa lacuna ci pensa il vostro Obsidian Mirror con il post odierno.
Morire per ultimo nella notte del 31 dicembre: non ha solo il sapore della beffa, quella che riserva la sorte a colui cui tocca questo infausto primato. Secondo un'antica leggenda scandinava, infatti, l'uomo che muore per ultimo in quella notte sarà costretto a condurre per un anno intero il carretto della Morte, vagando per il mondo con lo scopo di raccogliere le anime dei defunti destinati all'inferno. Questo particolare ce lo racconta la scrittrice svedese Selma Lagerlöf (1858-1940), premio Nobel per la letteratura nel 1909, che in un suo brevissimo romanzo del 1912 dal titolo Körkarlen (Thy Soul Shall Bear Witness) ci mette a conoscenza di ciò che, in un periodo di festa, solitamente si evita di dire.
«Ebbene, questo mio amico», continuò , «raccontava che c'è un vecchio, vecchio carro, del tipo che i contadini usano per trasportare le loro merci al mercato, così fatiscente che mai dovrebbe mostrarsi sulla strada del re. È talmente infangato, polveroso e sporco, che a malapena si può vedere ciò di cui è fatto. I suoi assi sono difettosi , le sue giunture sono talmente incerte che talvolta sbatacchiano, le ruote non hanno visto grasso a memoria d’uomo, e scricchiolano da far impazzire. Il cuscino del conducente è a brandelli e lacerato, e la metà posteriore del sedile è mancante . Questo carretto è tirato da un vecchio, vecchio cavallo, zoppo e con un occhio solo, e grigio di coda e di criniera a causa dell’età. È così magro che la sua spina dorsale sporge come una sega sotto la pelle, e tutte le sue nervature possono essere contate. Ha le gambe rigide, pigre e malaticce e non è più veloce di un bambino che si muove carponi. L’imbracatura è usurata e mezza mangiata, ha perso tutte le sue fibbie e le sue parti sono tenute insieme con dello spago e con dei ramoscelli di betulla. Non può vantare una singola finitura di ottone o argento, ma solo poche sparse nappe di filati , che sono uno sfregio e non un ornamento. Le redini sono in linea con il resto, poiché sono stati riparate così spesso che sono quasi inutilizzabili.»Si alzò e cercò con la mano la bottiglia, forse per dare un momento al pubblico per riflettere su quanto aveva detto. «Pensate che vi stia raccontando balle?» disse riprendendo la sua storia , «ma vedete, il fatto è che, oltre l'imbracatura e il miserabili redini, c'è anche un cocchiere, che siede storto e restio sul sedile stracciato. Ha le labbra nere e blu e le guance grigie e i suoi occhi sono cupi come specchi rotti. Egli è vestito in un lungo abito monacale nero e macchiato, con un cappuccio che tira giù sul suo viso, e in mano tiene una falce arrugginita dal manico lungo. E quell’uomo non è un normale conducente di carretti, egli è al servizio di un padrone il cui triste nome è Morte. Notte e giorno è costretto a eseguire delle commissioni per il suo padrone. Quando qualcuno nel mondo muore, amici miei, è suo preciso dovere essere presente. Egli giunge sferragliando con il suo scricchiolante carrello, veloce quanto un cavallo zoppo può permettergli di essere». Il narratore si interruppe e studiò le facce dei suoi compagni. Quando fu certo della loro massima attenzione, proseguì. «Avete mai visto un’immagine o altro della Morte? Avete notato che, per la maggior parte, Ella va a piedi? Quella non è la Morte, ma solo il suo cocchiere. La Morte falcia solo il grano migliore, mentre al suo aiutante, per quanto possa essere stata una persona importante in vita, lascia solo l’incombenza di cogliere le erbacce sul ciglio della strada. Ma ora vogliate prestare attenzione al particolare più curioso di tutta questa storia: la leggenda dice che, sebbene siano sempre lo stesso carrello e lo stesso cavallo a compiere questa particolare attività, non è invece sempre lo stesso cocchiere! Tale infame compito sarà la dannazione per l’ultimo uomo o donna che avrà la sventura di morire prima della fine dell’anno, colui o colei che renderà l'anima al dodicesimo rintocco della mezzanotte di Capodanno sarà destinato a diventare il cocchiere della Morte per tutto l’anno successivo. Il suo cadavere sarà sepolto come tutti gli altri cadaveri, ma la sua anima dovrà indossare l’abito monacale, afferrare la falce, e vagare da un luogo di morte all’altro per un anno intero, finché non verrà liberata l’ultimo giorno dell’anno successivo».
Questa è la leggenda così come ce la raccontò un secolo fa la scrittrice Selma Lagerlöf, il cui romanzo, ormai divenuto di pubblico dominio, è facilmente rintracciabile. Se siete interessati a leggere, e quindi a conoscere fino in fondo, la storia del carretto fantasma, basterà andare su questo link (ahimè solo in inglese).
Ma era del Körkarlen cinematografico quello di cui volevo parlare oggi, non del romanzo, perché, mentre quest’ultimo è stato sempre visto come un’opera minore della Lagerlöf , la sua trasposizione cinematografica, curata da Victor Sjöström (1879-1960), è stata giudicata un capolavoro fin dalla sua prima proiezione. Il film, che fu girato nel 1921 seguendo fedelmente il plot dettato dalla Lagerlöf, e che vide lo stesso regista nel ruolo del protagonista David Holm, potrebbe davvero essere definito uno dei tasselli fondamentali della storia della storia del cinema muto, sia per le tematiche, sia per le tecniche all’epoca innovative che Sjöström con grande sapienza seppe sperimentare. Girato in un claustrofobico bianco e nero, reso magico dai numerosi giochi di luci e ombre che solo molti anni dopo diverranno il marchio inconfondibile dell’espressionismo tedesco, Körkarlen è un grande messaggero di vita, di morte e di speranza. Dicevamo delle tecniche altamente innovative per l’epoca che, è bene ricordarlo, si era appena lasciata alle spalle la classica ripresa in campo medio, con camera fissa e frontale, illuminazione uniforme e fondali dipinti.
Come rimanere indifferenti di fronte alle grandiosi immagini di Körkarlen, quando il cocchiere giunge a raccogliere il suo macabro carico per le strade, per le case e fino al mare e, in quella memorabile notte di Capodanno, tra le lapidi del cimitero dove David Holm, ancora incredulo, gli darà infine il cambio? Come rimanere indifferenti di fronte al dramma della moglie e dei figli di David, quel dramma causato dal suo miserabile comportamento? Ma il vero climax viene raggiunto nella scena in cui David, completamente ubriaco e chiuso in cucina dalla moglie terrorizzata, prende brutalmente l'ascia e sfonda la porta. Come non credere che Kubrick prese ispirazione proprio da qui per la scena analoga presente nel suo Shining? In Körkarlen ci sono tutte le emozioni che il cuore umano è in grado di provare: l'amore, la delusione, il coraggio, la paura, le sofferenze, la solitudine, il dolore, la miseria, la disperazione, e infine la riconciliazione, la pace e la gioia. E nel corso di un’ora e mezza scarsa lo spettatore riesce e viverle tutte, una per una, grazie alle immagini e alla potenza narrativa. È un film che tocca il cuore e che fa riflettere sui valori più importanti della vita.Per chi fosse interessato, una malconservata versione integrale di Körkarlen (ma con gli intertitoli in italiano) la potete visionare qui sotto (la citata scena che avrebbe ispirato Kubrick la trovate al minuto 73). Una stupenda versione restaurata è invece disponibile su DVD nel catalogo Criterion Collection.