Il cremastere è l’importantissimo muscolo che presidia la temperatura dei coglioni. Nei Kree-Mah-Stre da Jesi c’è uno degli A.N.O., quindi tutto dovrebbe tornare. Kecak, invece, è il nome di una danza balinese, la cui “base musicale” è costituita solo dal sovrapporsi di voci che, ripetendo continuamente le stesse parole, diventano ritmo. I Kree-Mah-Stre, dunque, come nuovo gruppo italiano che ri-percorre la strada del primitivismo e cerca di saldarsi in qualche modo col mondo kraut, il tutto – sin dal nome – senza mai smettere di dire che è solo un gioco. “King Kong” potrebbe essere un buon esempio di quello che scrivo: è un gran pezzo tribale (che fa pensare anche ai Lay Llamas, non a caso) al quale il gruppo attacca una coda reggae e un finalone a sorpresa coi Backstreet Boys a cappella. “King Kong” è anche il miglior episodio dei quattro presentati (più ghost track): un patchwork a volte folle, a volte con un filo logico più visibile, che esce e rientra di continuo dal mio tentativo di descriverlo. Sono riusciti a incuriosire, vedremo che faranno in futuro.
I Kree-Mah-Stre presenteranno fra pochi giorni il loro disco allo Zen di Moie (AN) assieme ad alcune (brutte) facce note.