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KULTURA: L’ironia di Mrożek nella Polonia che rinasce

Creato il 29 ottobre 2012 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 29 ottobre 2012 in Kultura, Polonia, Slider with 1 Comment
di Gabriele Merlini

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Una biblioteca da sbaraccare e la consapevolezza della fascinazione provata verso autori di quel genere o area di provenienza (ad oggi: Polonia. Ma in esteso l’Europa centrale) risultano gli elementi sulla base dei quali mi è stata donata una vecchia edizione di L’elefante. Titolo originale: Słoń. Scritto da Sławomir Mrożek e per l’Italia edito da Einaudi nel 1963. Buttare giù due righe al riguardo sia quindi intesa come modalità per sdebitarmi con l’autore del gesto, il quale -per propria ammissione- L’elefante non l’ha mica letto nonostante l’aspetto di chi conosca nel profondo simili capolavori (il nostro preferisce Eschilo oppure la Boule de suif di Maupassant.) Dunque partiamo contestualizzando un minimo Mrożek: signore dalle fattezze del tranquillo pescatore di paese (figura con la quale divide il copricapo e talvolta un gilet multi-tasca) si distingue negli anni come uno tra i più brillanti autori polacchi di teatro e satira.

Nato nel 1930 a Borzęcin -comune rurale del distretto di Brzesko, nel voivodato della Piccola Polonia o Województwo małopolskie- ben presto inizia a produrre materiale in netto contrasto con l’egemonia culturale che Mosca stava imponendo sulla nazione. E proprio questa contrapposizione genera le principali tematiche delle opere e lo stile che seguirà: potere e gabbie che obbligano al fantastico e l’apertura, l’alienazione di chi sceglie di non allinearsi (pure ciò spinge a forme di altrove le più disparate, impalpabili come pesantissime) e limitazioni della libertà personale che forzano a stimolare l’immaginazione e il grottesco. La guerra vissuta nell’infanzia a incidere profondamente la formazione artistica dell’adolescente, dopodiché la repressione stalinista nella prima età adulta. La decisione di andarsene in Francia (nazione da cui criticare l’invasione in Cecoslovacchia anche di truppe polacche del 1968) e non rientrare dopo il divieto di diffusione delle proprie opere. Un gioco di celle e restrizioni dalle quali solo l’arte può garantire vie di fuga percorribili e per questo lo studio dell’architettura, della pittura che diviene illustrazione (anch’essa satirica, irridente e sfrontata, compensazione della durezza del reale. Banale ma tant’è) e la filosofia. Il passaggio dalla redazione del Dziennik Polski cui segue l’approdo alle riviste umoristiche Przekrój e Szpilki, la realizzazione del personale fumetto Postepowiec più collaborazione con Gazeta Wyborcza e Le Monde.
L’esordio come drammaturgo nel 1958 con Policja, piece composta per un gruppo teatrale studentesco (teatro. Guerra. Fantastico. Satira. Lotta al potere. Da Bruno Schulz a Václav Havel, un refrain diffuso in zona) nonché l’alone fantastico che tutto avvolge, riconducibile al clima dello stato di quegli anni quando numerosi giovani come Mrożek in simili tematiche trovarono rifugio per riscrivere l’esistente (Stanislaw Lem ad esempio aveva da qualche tempo inaugurato la propria produzione letteraria con Człowiek z Marsa, l’Ospedale dei dannati o il Pianeta morto. Ma casi simili possono trovarsi anche nella musica e nelle arti visive.)

Così a Policja e la raccolta Słoń segue Wesele w Atomicach del 1959 e Deszcz del 1962, testi nei quali l’indole dei connazionali viene letta alla luce delle assurdità del sistema comunista facendo emergere tuttavia punti deboli e scivoloni del comportamento umano nella interezza, senza confini o limiti di condizione. Poiché il successo degli scritti di Mrożek facilita la maggiore consapevolezza del mondo intero e i viaggi in Italia, Stati Uniti e Inghilterra e America del Sud si fanno fonti inesauribili di spunti.

Policja viene trasmessa in televisione negli USA e prodotta da Phoenix Theatre di New York, così come pari successo riscuote la trilogia Na pełnym morzu -In alto mare, storia di naufraghi che votano per eleggere qualcuno destinato a essere mangiato-, Karol e Strip Tease del sessantuno, o Tango del sessantatré. Chiusura ideale della produzione il Milosc na Krymie o Amore in Crimea, che copre la caduta dell’impero sovietico e la lenta transizione verso la democrazia. E come inebetito mi ritrovo a riflettere stasera su quanto riesca il primo racconto di L’elefante («Nelle tenebre») a riportare suggestioni del tempo in cui venne composto. Una fetta d’Europa che pullula di vita nonostante il ghiaccio della superficie, per restare alla felice definizione di Garton Ash: «Cari compagni, non potete immaginare in che stato di oscurantismo e medievale superstizione si trovino le nostre campagne.» Una Polonia in preda a pipistrelli e al diavolo, che si presenta indossando un colbacco tricolore con la scritta Tour de la Paix in bella vista. Un mondo di capanne isolate al limitare del bosco, tombe e teste che rotolano sbattendo le fronti in una macabra danza di non-morti (non siamo tanto lontani dalle suggestioni del Ripellino quando descrive Praga come un sozzo groviglio di demoni, le architetture della città pronte a crollare e pioggia di omini in bombetta sui grigi palazzi del potere.)

«E voi dite che siamo in Europa? Però ogni volta che prepariamo la crema per dolci arrivano chissà da dove gli gnomi e fanno pipì nella crema.»
La dittatura muta la natura che circonda l’uomo e consequenzialmente la testa di chi viene sottomesso e immobilizzato. «La gente crede negli spauracchi e diventa superstiziosa. Non più tardi di ieri, dietro alla stalla del compare Pantano, è stato trovato un corpo. Il parroco dice che è un corpo elettorale.»

Così iniziamo a credere al ritorno di affogati, spettri e streghe. E persino l’autore che di ciò si lamenta viene costretto a interrompere la scrittura perché dalla porta di casa fa capolino l’enorme muso di un maiale con sguardo severo. «Ve l’avevo detto che qui viviamo in condizioni del tutto particolari» chiosa Mrożek. In quella Polonia che vent’anni dopo per prima darà una spallata al potere oppressore e che adesso è prezioso motore economico per l’intero continente. Dove la fede religiosa ha convissuto lungamente con una fiorente mitologia di strane creature (i mostri bonari di Where the wild things are* assomigliano non poco a quelli che accompagnano certi testi di Mrożek**) e che ha restituito un autore imprescindibile per la comprensione non solo dello spirito centro-europeo quanto in esteso umano, stando più larghi e rendendogli adeguato merito.

P.s. Non saprei dire se L’elefante sia ancora in commercio, magari in ristampa. Resta il fatto che tutti dovrebbero avere un sodale che svuota biblioteche e porta in dono quanto di più pregiato venga scoperto.

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Tags: Gabriele Merlini, Kultura, mitteleuropa, Polonia, Sławomir Mrożek Categories: Kultura, Polonia, Slider


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