Prevedibilmente, Berlusconi cercherà di rimanere il più possibile attaccato al carro di Renzi, ma difficilmente potrà reggere a lungo il logoramento a cui sarà sottoposto, dato che la sua eclisse darà un maggiore potere contrattuale alla sinistra del Pd che già scalpita con la proposta alternativa di riforma del Senato portata avanti da Chiti e avallata da parlamentari di primo piano del partito. In questa situazione, Renzi ha il pallino saldamente in mano ed è nelle condizioni ideali per far si che dall’iter parlamentare vengano fuori, per il Senato e per il sistema elettorale, due riforme in grado, non dico di mettere tutti d’accordo, ma di convincere la maggioranza dell’opinione pubblica. Al premier, per il momento, non conviene tirare troppo la corda nei confronti di Berlusconi, in attesa che il Tribunale di Sorveglianza e ancor di più le Elezioni Europee diano maggiori elementi per valutare il reale livello di sfaldamento di Forza Italia. In termini di consenso, per l’attuale premier sarebbe auspicabile che Berlusconi facesse saltare il tavolo, sgretolando di fronte al suo elettorato più moderato quell’immagine effimera di politico responsabile che si è guadagnato con l’accordo del Nazareno.
C’è da aspettarsi, da qui alle elezioni, la pantomima di una partita a scacchi tra Renzi e Berlusconi, col premier che deve fare di tutto per far credere all’ex cav che le sorti non siano già segnate, quando invece risulta sempre più chiaro che ogni mossa si evolva inesorabilmente verso lo scacco matto per Berlusconi. La prevedibile disfatta elettorale di Forza Italia metterà la parola fine a questa strana e ambigua doppia maggioranza e allora si potrà iniziare a capire se il governo Renzi abbia, oltre al dinamismo e alla comunicativa, anche un orizzonte programmatico per andare avanti fino al 2018.