L’abito di Franco Vimercati

Creato il 24 agosto 2012 da Theartship

Paola Pluchino. Ricorda il passaggio dell’uomo, ma a lui non presta lo sguardo, analizzando l’oggetto in luogo del suo uso.

Ricorda Giorgio Morandi, per via di quelle still life che ironicamente richiamano al mondo della vita ma che nella loro traduzione celebrano il funerale dell’uomo veicolando l’espressività oggettuale per mezzo della sua stasi.

A Franco Vimercati, conosciuto fotografo milanese, ma ancor prima artista e grafico poliedrico, il veneziano Palazzo Fortuny dedica la retrospettiva Tutte le cose emergono dal nulla portando in mostra una ricca collezione di opere, tracciando – grazie allo sforzo del curatore Elio Grazioli e di Daniela Ferretti per l’allestimento – il percorso di studio e d’ approfondimento teorico che sempre fu sotteso alla ricerca di Vimercati.

Dopo gli studi all’Accademia di Brera, subisce delle influenze nel verso della sintesi delle forme e dell’oggettivazione del sentimento, decidendo di porre se stesso come un’artista di grado zero, tentando  di far scomparire la sua firma dall’opera. Osservando i suoi lavori, e tenendo presente sia la galleria Azimut – suo primo veicolo d’ impressione – ma anche il minimalismo di matrice americana e l’influenza importantissima di Ugo Mulas ma soprattutto di Luigi Ghirri, i lavori di Vimercati s’inseriscono in un contesto storico di portata quarantennale, tra abbandoni e riprese, cambi di fuoco e raffinamenti stilistici, cifre inconfondibili della sua retorica.

Lo storico palazzo lagunare incorona il fotografo che per certi versi fu precursore di taluni studi sull’annullamento semantico del mezzo fotografico, sulla scomparsa dell’aura del fotografo in favore di un oggetto dell’abitato – brocche, vasi, bicchieri – che assunsero nel bianco e nero che sempre privilegiò l’anima e la funzione, il suono e il movimento dello scorrere quotidiano. Qui, nell’eccezionalità della discrezione, per Vimercati si celava il senso primigenio del messaggio, lo spirito sottile che indicava la direzione della visione, senza che l’intervento dell’uomo potesse causare un fraintendimento di sorta intorno all’oggetto presentato.

L’occhio reso trasparente può ora lasciarsi attraversare dalla luce intima e fioca cui le opere di Vimercati richiamano, in un dialogo sempre aperto con la sobria linea compositiva. Una deviazione sottile e progressiva che contribuisce a raccontare il presente attraverso la sua evidente assenza.


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