Settore infetto e stagnante, quello del burlesque in Italia.
Ne ho parlato a lungo con diversi amici/amiche e colleghi/e che avvertono il problema. Sì, perché se per alcuni il burlesque è solo un divertimento, per altri è una professione, attualmente mortificata da certe brutte abitudini inestirpabili dei nostri compatrioti, riassumibili nel concetto “Io sono furbo e frego gli altri” (il medesimo che porta a evadere le tasse).
Categorie in gioco?
- Aspiranti performer che, senza un’adeguata preparazione, si gettano a capofitto nel mercato. Gratis e con un completo di Intimissimi come costume di scena.
- Gente che, indipendentemente dal proprio talento, ha il solo l’obiettivo di apparire in tv, e per riuscirci farebbe qualunque cosa. Persino il burlesque.
- Sedicenti insegnanti di burlesque che si improvvisano tali dopo aver frequentato un workshop di mezzo pomeriggio in palestra. Con l’aggravante che, oltre a millantare un credito, di fatto imbrogliano le proprie ignare allieve.
- Locali che, per cavalcare la moda al minimo investimento, organizzano serate burlesque chiamando le performer al punto 1 o, peggio, mettendo un boa di piume sulle spalle delle proprie cubiste. Magari aggiungendo una maggiorazione all’ingresso per l’evento speciale.
Chi ci rimette?
Economicamente, le artiste che hanno scelto un percorso serio e onesto, sia nell’apprendimento che nell’insegnamento. Culturalmente – perché anche l’intrattenimento leggero può essere cultura -, quel pubblico che, visto un pessimo burlesque una volta, giustamente preferisce investire i propri (ormai pochi) soldi in qualcosa di più sicuro, come una cover band di Vasco o Ligabue.