L'abolizione del Primo Maggio

Da Brunougolini
Non è più tempo di revisionisti, è tempo di abolizionisti. Non ci sono solo i deputati del Pdl che vogliono cancellare l’articolo uno della Costituzione che parla di Repubblica fondata sul lavoro, una dizione chiaramente ispirata dal pensiero cattolico-comunista e quindi insopportabile. Non c’è solo il ministro Maurizio Sacconi che vuole in larga misura abolire lo Statuto dei lavoratori, un residuo intollerabile degli orribili anni Settanta.
C’è ancora molto da abolire. Così nell’orgia modernista irrompe la determinazione di cancellare anche il Primo Maggio. Una inutile festa che fa a pugni con le esigenze dettate dalla globalizzazione. Come hanno insegnato l’aitante sindaco di Firenze Renzi e il vicedirettore del Corriere Della Sera De Vico. A entrambi ha risposto Susanna Camusso segretaria della Cgil sostenendo tra l’altro che allora bisognerebbe abolire anche il Natale. 
Bella idea. Bisogna vendere, bisogna produrre, bisogna lavorare. E allora niente feste, allungare gli orari, accorciare i salari, tagliare le pause. E’ la loro idea di sobrietà. Non è che lor signori si scaglino con veemenza e determinazione contro le immense fortune  destinate ai miracolosi (non nelle vendite dei prodotti) manager alla Marchionne. Tanto per fare un nome qualsiasi. Non è che si scaglino contro gli imprenditori che approfittano della crisi per sfruttare giovani stagisti o contro le banche che nei convegni predicano la flessibilità e agli sportelli negano il mutuo ai giovani con contratti ballerini.
Non è che si battano con altrettanta audacia e sicurezza per un riforma dei tempi di lavoro e i tempi di vita, facendo in modo che chi lavora in ufficio e in fabbrica quando esce non trovi tutto chiuso,  dagli uffici pubblici ai negozi privati. No, loro vogliono solo abolire oggi il primo maggio e domani il Natale.  Una specie di vendetta sociale nei confronti delle insaziabili masse lavoratrici. 

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