L'aeroporto della mia citta'...

Da Astonvilla

«Welcome to Turin airport». Benvenuti nel deserto dei cieli. All’una di notte i box delle compagnie aeree sono scrivanie desolate. Computer accesi. Nessuno in coda. Saracinesche sbarrate. Nella sala partenze non si sentono i ronzii affannosi di trolley, né suonerie di telefonini. Solo il lamento di una scala mobile cigolante.
L’aeroporto Sandro Pertini appare proprio così, come l’ha descritto un lettore, l’altra mattina, telefonando indignato al giornale. «Avete mai fatto un giro di notte all’aeroporto? Ecco, fatelo. Non c’è nessuno. Può succedere di tutto. Altro che sicurezza». Era rimasto bloccato nel cuore della notte nel parcheggio multipiano per due ore. Lui e il deserto. «Dovevo atterrare a Torino, ma per un problema mi hanno dirottano a Milano. Così ho dovuto affittare un’auto per raggiungere Caselle e riprendere la mia. Un’esperienza da dimenticare» racconta. Manager abituato a viaggiare, di aeroporti ne ha visti parecchi. A Torino ha incontrato il suo calvario.All’una di notte anche le porte girevoli funzionano pigramente. Non ci sono voli in partenza. L’ultimo è decollato intorno alle 21 per Bruxelles. Non ci sono controlli. Le telecamere scrutano il vuoto. Chissà se qualcuno al di là dei monitor segue i fantasmi che si aggirano nel silenzio. Si potrebbe fare qualsiasi cosa. Di notte dovrebbe esserci un agente di polizia a presidio. Forse sta osservando. E magari ride, spiando questo gironzolare nella hall come se fosse un gioco. L’area imbarchi è chiusa da serrande. I varchi inaccessibili. Ma al piano di sopra, nell’area vip, ci si può divertire con un metal detector ancora in funzione. Sul display si legge «Go». Si passa e suona: «Bit bit». E ancora: «Bit Bit». Di agenti nemmeno l’ombra. Anche fare una foto ricordo accanto alla Giulietta in esposizione è un azzardo. Impensabile di giorno. Ma nessuno arriva rimbrottando: «Ci divertiamo? Questo non è un luna park». Al di là di una porta a vetri, dall’aria fragile, c’è il salone imbarchi. Chissà cosa farebbe un ladro di fronte a un ostacolo del genere. O magari un terrorista che non teme i fantasmi. Fuori, lo stesso deserto. Gli aerei sono lì. A due passi. Basterebbe scavalcare. Sarebbe una beffa. Pensieri in libertà.
Di notte, senza passeggeri, sembra un’altra cosa, l’aeroporto. Nessuno sbuffa. Non si vedono levare scarpe, sfilare cinture, separare monete. Né togliere giacche e orologi. Nessuno si arrabbia per la lentezza altrui: contro chi immancabilmente si dimentica di svuotare le tasche, bloccando quelle forche elettroniche così odiate da tutti i viaggiatori dopo l’epidemia da sicurezza. Di notte no. Qui, nel deserto deicieli, chi osa non incontra limiti. Almeno, così sembra.
«Quando sono arrivato a Caselle, pochi minuti prima dell’una - dice il lettore indignato - l’ufficio dell’agenzia di noleggio era chiuso. Dovevo restituire l’auto, ma non sapevo a chi». Così telefona al numero verde e gli dicono di depositare le chiavi in una buca. Dove? «Non riuscivo a trovarla». Finalmente le restituisce e riprende la sua auto. Ma le casse automatiche non accettano le carte di credito. Tre carte, tutte rifiutate. «Dovevo pagare 36 euro, e non avevo spiccioli». Chiama i carabinieri. «Dopo un po’ è arrivata una pattuglia. Mentre discuto con i militari, si avvicina incuriosito un meccanico che andava al lavoro. Ascolta e annuisce comprensivo. E mi si spiega cosa fare. Finalmente dopo due ore di calvario posso tornare a casa».
Provare per credere. Il parcheggio è presidiato fino all’una, ora fatidica del silenzio, quando tutti i motori degli aerei sono spenti. L’addetto che sorveglia telecamere e accessi del multipiano chiude e se ne va. Per i pagamenti bisogna affidarsi alle cassa automatiche. Notte. Tutto resta immobile fino alle cinque del mattino. Per quattro ore l’aeroporto va in letargo. Le porte del settore arrivi sono sbarrate. Quelle girevoli invece funzionano. «Di solito, ad una certa ora, dovrebbero chiudere anche quelle» dice un tassista, capitato lì per caso. Già, ma prima? L’ultimo volo passeggeri, giovedì sera, è atterrato alle 23, in arrivo da Madrid. Poi, il deserto. Poco dopo compare un’auto. Si ferma e scarica due ragazzi romani. Una coppia di fidanzatini venuta a scoprire Torino. Jeans e zainetti. Che cosa fate qui? «Torniamo a casa. Non sapendo dove dormire, siamo venuti in aeroporto. Prendiamo il primo volo». E restate qui? «Sì, in un angolo». Si aggirano smarriti in questo vuoto.
Poi sbucano altri due passeggeri. Prendono una bottiglia d’acqua da un distributore e raggiungono una saletta. Si distendono sulle sedie. Tra poche ore dovranno passare i controlli della sicurezza. Buona notte. Anzi, «Good Night». In fondo questo è un aeroporto internazionale.

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