Fa discutere negli Stati Uniti il caso di Abigail Fisher, che nel 2008 venne rifiutata dalla University of Texas di Austin. La studentessa denunciò l'università, sostenendo di essere stata esclusa perché bianca, ed è riuscita ad arrivare fino alla Corte suprema, che ora deve decidere del suo caso. In gioco c'è la costituzionalità dell'affirmative action, cioè quello strumento che mira a ristabilire e promuovere principi di equità razziale, etnica, di genere, sessuale e sociale, anche attraverso l'utilizzo di quote, per rimediare agli effetti delle passate discriminazioni.
La questione è spiegata bene in questo articolo, dove fra l'altro si dice:
"Il sistema adottato in Texas viene considerato come un modello dai sostenitori dell' affirmative action. In California, per esempio, il sistema 'classico' delle quote razziali venne abolito dal referendum sulla Proposition 209 nel 1996. Da allora però il numero di afroamericani e ispanici iscritti alle università è significativamente diminuito. Nel 1995, a Berkeley, cioè nell'università californiana pubblica più nota, gli studenti neri erano il 7,3%, mentre nel 1998 si erano ridotti al 3,2%. Nel 2011 la percentuale è risalita al 3,9%, ma è ancora lontana dalle cifre dei primi anni Novanta. Sebbene i repubblicani sostengano che le politiche di tutela delle minoranze non siano più necessarie, situazioni di 'segregazione di fatto' e di disparità razziali sono continuamente segnalate da inchieste governative e indipendenti. Una recente ricerca di UCLA ha evidenziato come casi di 'segregazione scolastica' siano ancora in atto e che gli studenti afroamericani e latinos siano più inclini ad abbandonare gli studi e a iscriversi a scuole di bassa qualità, meno costose.
L'importanza della sentenza Fisher v. University of Texas sta nel fatto che una sconfitta dell'università sul terreno dell' affirmative action automaticamente creerebbe un precedente valido in altri campi, in particolare per quanto riguarda le assunzioni nel settore pubblico, danneggiando fortemente le possibilità di afroamericani e ispanici di migliorare le loro condizioni di lavoro."
Come disse Lyndon Johnson in un discorso del 1965 alla Howard University sulla affirmative action (testo preso da qui):
La libertà non è sufficiente. Non si cancellano le cicatrici di secoli dicendo soltanto: ora sei libero di andare dove vuoi, di fare come ti piace e di sceglierti i rappresentanti che preferisci. Non si prende una persona che è stata impastoiata con le catene per anni, liberandola e portandola alla linea di partenza per dirle a quel punto: sei libera di competere con tutti gli altri [...] Non perseguiamo l'uguaglianza soltanto in termini di diritto e di teoria, ma l'uguaglianza come fatto e come risultato.