L’affondamento della SMS Wien

Creato il 29 giugno 2014 da Antoniopechiar @antoniopechiar

Caffè, sigaretta, iPad e Beethoven. Lo riconosco, anche alla mattina il mio lato nerd è dominante. Così, in barba al mio amore per i libri, ogni giorno mi leggo le notizie online. Tra i vari quotidiani che “sfoglio” c’è anche Il Piccolo, giornale di Trieste, a cui tra notizie della mia città e fantasie tutte sue sono molto affezionato. Oggi, cercando qualcosa di interessante tra gli articoli, mi soffermo su di uno in particolare: l’affondamento della corazzata costiera austroungarica SMS Wien. Rimango basito. Forse c’è ancora speranza per me, forse la razza degli appassionati di storia navale non è estinzione!

L’articolo in questione parla dell’esplorazione di ciò che resta della nave, affondata ormai da 97 anni nel Vallone di Muggia. L’articolo è molto interessante, ben curato e storicamente attendibile. Inoltre riporta molto bene i dettagli sul ritrovamento del relitto. Ma vorrei condividere con voi un po’ di storia, quella storia che è propria solo dei libri specializzati e degli archivi della Marina. Vorrei raccontarvi il forzamento del porto di Trieste con le parole di un protagonista, l’allora Tenente di Vascello Luigi Rizzo, in seguito noto come “l’Affondatore“.

Agosto 1917. La ricognizione aerea della Regia Marina Italiana scoprì che una divisione navale di due corazzate pre-dreadnought, la Budapest e la Wien, avevano lasciato gli ancoraggi di Pola e avevano raggiunto Trieste. La notizia di questo trasferimento avallò ancor di più la convinzione che gli austriaci stessero organizzando una grande offensiva terrestre (che condurrà poi alla disfatta di Caporetto), e che le navi dovessero fornire appoggio dal mare con i loro cannoni da 240 mm.

Come misura precauzionale furono distaccati nella zona di Grado alcuni monitori italiani armati con artiglierie di grosso calibro. D’altra parte Costanzo Ciano, uno dei comandanti della neonata I Flottiglia MAS (i mezzi d’assalto della Regia Marina), progettò un ardito piano per il forzamento del porto di Trieste, proprio per affondare le due unità da combattimento della K.u.K Kriegsmarine. Per questo compito scelse il Tenente di Vascello Luigi Rizzo.

Dopo due missioni prevalentemente esplorative, dove i marinai italiani riuscirono clamorosamente a ispezionare le banchine del porto triestino scendendo a terra senza essere scoperti, si ebbe notizia del ritorno a Pola delle corazzate austriache. Fu allora tutta l’operazione di ricognizione inutile? No davvero! Infatti qualche settimana dopo le due navi tornarono a Trieste, e bombardarono più volte le nostre linee di trincea da Cortellazzo, minacciando la ritirata del nostro esercito sul Piave.

Era il momento perfetto. Gli arditi avrebbero agito. Furono scelte due torpediniere, la 9 PN e la 11 PN, che avrebbero rimorchiato nel Golfo di Trieste i MAS 9 (TV Rizzo) e 13 (CT Ferrarini). Il 9 dicembre 1917, con mare calmo e foschia, la squadra italiana prese il mare. In prossimità di Trieste la nebbia si fece impenetrabile, e solo grazie alla perseveranza e all’ostinazione di Rizzo l’operazione non fu annullata. Alle 2245 il Comandante Pignatti ordinò di mollare i MAS. Ma ora lasciamo la parola al Comandante Rizzo (ho ripreso il suo rapporto originale dal libro “Attacco dal Mare” di Giorgio Giorgierini, Mondadori).

Alle ore 2245 furono mollati i rimorchi. Col MAS 9, sul quale avevo preso imbarco, seguito a pochi metri di distanza dal MAS 13, che nelle condizioni di nebbia in cui navigavamo perdevo di vista a soli 50 metri di distanza, proseguii nell’ultima rotta seguita a rimorchio e che mi avrebbe portato in prossimità della testata nord della grande diga del Vallone di Muggia. Con opportuna rotta scapolai Punta Grossa e Punta Sottile, dirigendo per tramontana, raggiungendo alle 2355 la testa della diga grande di Muggia presso la quale feci ormeggiare i due motoscafi, mentre io sbarcavo sul molo per assicurarmi della vigilanza esistente su esso. Non avendo incontrato nessuno, feci portare il MAS 9 in prossimità delle ostruzioni. Coll’equipaggio del motoscafo e col capo silurista di I Cl. Volpi, imbarcato sul MAS 13, procedevo al taglio di esse, operazione che richiese circa due ore. Le ostruzioni tagliate furono: (a) un cavo di acciaio a doppio da 7 cm disteso fra le dighe e sorretto a galla da tre boe; (b) un cavo di acciaio subacqueo da 10 cm disteso fra le dighe e appoggiato come il precedente alle boe; (c) n. 5 cavi di acciaio subacquei da 4 cm distesi a festone con catenaria diversa, evidentemente posti per impedire l’entrata ai sommergibili e alle siluranti. Il tagli dei cavi fu effettuato con l’apposita cesoia idraulica sistemata sul MAS 9, e, mentre procedé speditamente per i cavi grossi, riuscì invece molto laborioso per i sottili che anziché essere nettamente spezzati furono schiacciati dalla cesoia e in parte tagliati con la lima (!). Durante il taglio dei cavi si udiva parlare sulla testata sud della piccola diga, dove si vedeva un casotto illuminato. Aperto definitivamente il varco, alle ore 0150 entrai nel Vallone di Muggia, seguito dal MAS 13. Dopo circa 20 minuti, al mascone sinistro, avvistai una massa scura che riconobbi come una delle due navi; lasciavo circa 200 m da essa il MAS 13 col compito di star pronto a silurarla non appena udisse lo scoppio dei miei siluri o altro allarme. Col MAS 9 mi avvicinavo alla nave fino a 50 metri per assicurarmi che non avesse la protezione di altre ostruzioni retali, e non constatandone la presenza, mi allontanai verso San Sabba alla ricerca dell’altra nave senza però poterla scorgere. Ritornato in vicinanza del MAS 13, da questo mi venne comunicato che l’altra nave era a nord est della prima a circa 600 metri; infatti in tale direzione ne vidi il profilo completo; nel frattempo, essendosi il MAS 13 per effetto della corrente leggermente spostato a nord, diedi ad esso come bersaglio la nave lontana, mentre io disposi per il siluramento di quella più prossima. [...] Avuta comunicazione che il 13 era pronto per il lancio, ordinavo di eseguirlo alle ore 02.32. I due siluri del MAS 9 lanciati simultaneamente giunsero a pochi istanti l’uno dopo l’altro sul bersaglio. Mentre ho percepito separate le due esplosioni, le colonne d’acqua si confusero in una sola. Alte e disperate grida di aiuto giunsero a noi, e a esse fecero eco il grido di “Viva il Re!” dell’equipaggio dei due motoscafi. Col MAS 9 diressi per l’uscita, mettendo in funzione i motori a scoppio [...].

I siluri del MAS 13 però non ebbero successo, mancando di pochissimo la Budapest e finirono la loro corsa contro un molo. La SMS Wien invece affondò, portando con sé 46 uomini dell’equipaggio.

A conclusione dell’azione del 9-10 dicembre 1917 è giusto ricordare che al Comandante Luigi Rizzo e alla Flottiglia MAS dell’Alto Adriatico fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare: la prima di una lunga serie che onorerà nel tempo gli assaltatori della Marina.

Questi sono gli arditi, gli incursori della Marina. Marinai, modesti e umili nella prosa e nella vita, coraggiosi nell’azione e nella morte. Questa è una delle loro prime imprese, che poi diverranno leggendarie nel 1918 a Premuda; e durante la Seconda Guerra Mondiale ad Alessandria, Gibilterra e Suda. Oggi come allora, Memento Audere Semper!


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