L'Afroriccio

Da Francesca_82
Una delle cose su cui ho riflettuto molto in questo anno sono state le famose origini di cui comincio a parlare con Marc. A dire il vero è già tanto se sia linguisticamente che geograficamente distingue il nonno dal yayo (yayo = nonno in valenciano), chiamandoli in due modi diversi, propri della lingua di origine e rivolgendosi quindi a ciascuno nella propria lingua e sapendo perfettamente che il nonno sta in Italia e ricordando le vacanze di Natale passate a Bologna anche con la zia e il cane della zia.
Ma non siamo mai andati oltre: lui ha anche l'innocenza del bambino che magari non si è accorto che suo nonno sia nero e che sia l'unica persona di colore che conosce.
Eppure di queste origini del nonno, pure io, solo adesso, comincio a sentire l'esigenza di manifestarne l'orgoglio.
Come manifestare quindi l'Africa che è in me?
Dai capelli!!
Adesso non ridete se riesco a fare anche dei capelli afro un caso politico. Perché ci hanno già pensato prima di me.
Regressione storica: nel 2010 avevo i capelli lunghissimi e selvaggi. A dire il vero non è che li curassi tanto, cercavo solo di evitare che nascessero spontaneamente rasta perché non-mi-sono-mai-piaciuti, nonostante le grandi richieste del pubblico.
In agosto, la sera stessa del ritorno da dieci giorni di campeggio in Croazia, lavando i piatti mi si rompe un piatto in mano e mi taglia il tendine del pollice sinistro: allarme rosso, io sono mancina e anche se poco mi devo pettinare!!
Così, ingessata dal polso in giù e con la mano perennemente in su come per fermare l'autobus, mi ritrovo nelle mani di mia sorella, che mettendoci tutta la buona volontà per pettinarmi, non ci riesce: siamo in agosto fa caldissimo, mi sono rotta la mano con ancora la salsedine del mare croato addosso, non c'è altra soluzione che tagliare. BIG CHOP scoprii in seguito come si chiama questa fase che ogni donna africana vive almeno una volta nella vita!
Taglio drastico, a zero con crestina, la mia mitica crestina!! Nei capelli afro se c'è qualcosa che proprio è insopportabile è la ricrescita. La crescita è lentissima, i capelli crescono in verticale antigravitazionale, prima di poter dar loro una forma, una qualsiasi, passano MESI.
Non riuscendo ad avere pazienza, per ben 4 anni appena arrivata al limite di sopportazione, tagliavo tornando a zero.
Finché mi sono decisa a superare il varco, il limite oltre il quale anche il capello afro comincia a riacquistare dignità.
Scopro quindi un mondo di Nappy girls ( crasi di Natural happy) , un mondo parallelo di ragazze italoafricane veramente orgogliose delle loro origini, a partire dai capelli.
Scopro di identificarmi tantissimo, finalmente qualcuna che parla la mia lingua, ha vissuto le stesse discriminazioni, prese in giro, sogni di avere i capelli alla Naomi Campbell, farsi un giorno la coda alta, l'altro giorno la riga di fianco, un giorno i boccoli e l'altro un chiñon. Mentre ha sempre il solito casco antiurto in testa
Anche se io nel mio piccolo spignattando e studiando cosmetica già sapevo che il capello afro ha bisogno di cure molto particolari, dalla proibizione di usare il phon fino alla stratificazione di 3 prodotti il più possibili naturali per definire il riccio e proteggerlo, mi ritrovo così in poco tempo una chioma niente male. E`un lavoro starci dietro, ma a parte darmi grandi soddisfazioni estetiche, per la prima volta posso dire di esserne veramente orgogliosa, orgogliosa di rispecchiare nei miei capelli l'orgoglio africano che avevo tenuto dentro nascosto.
Perché?
Da piccola ho sempre odiato (continuo a odiarlo ma reagisco diversamente) le domande che insinuassero che non fossi italiana, ma solo africana. Le domande indiscrete, occhi spalancati di persone (parlo di adulti!) che negli anni 90 ancora non potessero concepire l'esistenza delle coppie miste e quindi di italiani neri. Le domande sul quando mi aveva adottata mia mamma, le confusioni , alcune davvero cortorte, sull'immaginarmi sposa di mio padre, madre di mia sorella e mia mamma che boh...non si capiva bene cosa facesse con noi in spiaggia sotto lo stesso ombrellone, ragionamenti davvero cortorti pur di non voler ammettere (o forse davvero non ci arrivavano) di aver davanti una normalissima coppia mista.
Da qua la mia tendenza a svincolarmi dalla parte africana che in me: da qui il mio odio per i capelli che erano, più del colore della pelle, la dichiarazione spontanea del mio status.
Ho veramente odiato i miei capelli: per questo li ho maltrattati stirandoli per anni, e con scarsissimi risultati.
Invece adesso mi prendo cura di loro, ma non (solo) per vanità o ragioni estetiche, ma per prendermi cura della parte africana che c'è in me: uso oli e prodotti il più possibile simili a quelli con cui mi hanno impastricciato durante i miei viaggi in Costa d'Avorio, dall'olio di ricino giallo all'olio di cocco. La resa nell'evitare come la peste tutti i prodotti chimici è inspiegabile, non c'è paragone! E non tanto perché sia una fissata del bio, ma perché li sto lavando con un infuso di erbe senza schiuma e senza niente di che, e sono eccezionali!
Tendo a lasciarli sciolti e fermati sulla testa da dei foulard e sono alla ricerca disperata delle tele specifiche per fare i turbanti, ho Pinterest che scoppia di foto.
Li pettino con un pettine di legno di foreste sostenibili.
Accoppio orecchini di famiglia.
Ho anche studiato che il mio è un ricciolo 4B, dove 1 è il capello liscio spaghetto, 3 è il riccio di mia sorella, 4 è il superriccio. Ogni livello è comunque sottoclassificato in A B e C dove C è il più complesso per struttura e definizione. Ecco, e mio padre, il tipico africano, a un riccio 4C compattissimo, io sono appena un gradino sotto. Ogni riccio ha bisogno di cure diverse.
Anche perché mi sto rendendo conto adesso che o si cura davvero bene o meglio tagliare, perché alla seconda distrazione ti ritrovi un nido di vespe in testa.
Marc ha un riccio 3A , quindi è il tipico boccoloso mezzo biondino che fa tanta tenerezza.
Vicino a mio padre è incredibile quanto si assomiglino anche se uno è nerissimo e l'altro sembra slavato.
Ma il riccio non mente.
A dire il vero per -diciamo-suggellare la mia pace interiore con le mie origini tra due settimane farò una cosa speciale, di cui vi parlerò solo quando effettivamente l'avrò messa a punto.