Non esiste un format unico per questo appuntamento. Si tratta di iniziative contestuali ma diverse, fortemente correlate al territorio in cui si svolgono e ai gruppi e alle comunità che le promuovono. Uno spirito comune anima questo insieme di manifestazioni: questo spirito può essere riassunto in un concetto allargato di ”hackathon”, un evento di collaborazione tra persone e competenze diverse per l’esplorazione e la creazione di nuovi strumenti software.
Per il primo anno anche l’Italia partecipa a questo processo collettivo attraverso una serie di iniziative locali. Il percorso è stato avviato a Bologna il 5 dicembre, con un incontro “improvvisato” e autoconvocato (si può ascoltare la voce di alcuni dei partecipanti all’incontro sul sito di Pionero). È proseguito con il sito opendataday.it e un hashtag Twitter (#opendatadayit), con una serie di chiassosi gruppi di lavoro sul Web, con una nuova affollata riunione organizzativa, che si è svolta a Roma lo scorso 25 gennaio.
Dalle iniziative in programma per sabato 23 febbraio, a Roma e in altre città italiane, dalla raccolta dei diversi contributi di esperienze, riflessioni, strumenti potrà delinearsi una prima “Agenda” di buone pratiche e buone politiche per lo sviluppo dell’Open Data in Italia
Questa partecipazione è un sintomo del rafforzamento e di una consolidata consapevolezza del movimento opendata italiano, aggregatosi specialmente intorno ai primi protagonisti istituzionali. E solo due settimane fa, anche la più “antica” comunità di pratica italiana nel campo degli Open Data è uscita dalle nebbie digitali per incontrarsi, riconoscersi e mostrarsi nel primo raduno di Spaghetti Open Data, una tre giorni di incontri, conferenze, hackathon svoltasi ancora una volta a Bologna.
All’appuntamento italiano hanno per ora confermato la propria adesione realtà come Padova, Torino, Palermo, Cagliari, Vigevano, Valle del Farma, Bari, Pisa, Roma. Con una significativa presenza di alcune realtà meridionali più dinamiche, che sembra poter cominciare ad intaccare quel divario regionale a sfavore del Mezzogiorno che si è finora evidenziato anche nel campo Open Data. Le iniziative in programma affrontano temi diversi, Open Government e trasparenza, formazione, dati geografici, dati ambientali; si dispongono lungo un piano temporale più fluido, entro cui è possibile far rientrare anche iniziative autonome da IODD2013, ma in qualche modo correlate ai temi del 23 febbraio, come la prima Conferenza OpenGeoData, che si svolgerà cinque giorni dopo.
La singolare coincidenza di questo appuntamento con la giornata di “silenzio” prima della tornata elettorale del 24 e 25 febbraio aggiunge un ulteriore elemento di sfida. Il prossimo Parlamento dovrà, fra gli altri, affrontare anche i temi della disponibilità, dell’accesso e del riuso dei dati provenienti dal settore pubblico (PSI), per completare e specificare il quadro normativo abbozzato dai due decreti “Crescita” emanati lo scorso anno, riconoscendo non solo il valore strategico degli Open Data per la trasparenza della pubblica amministrazione, ma anche il loro potenziale economico. L’ambizione è che, dalla raccolta dei diversi contributi di esperienze, riflessioni, strumenti che le comunità e gli attori Open Data attivi sul territorio saranno in grado di proporre, possa delinearsi una prima bozza di un’agenda di buone pratiche e buone politiche, da mettere a disposizione dei decisori, centrali e locali, e degli operatori, pubblici e privati.
Per cogliere almeno parte dei risultati possibili sarà però necessario evitare i rischi e accettare le sfide che l’occasione presenta.
L’occasione sarà almeno in parte persa se rimarrà confinata entro la ristretta cerchia degli addetti ai lavori, se cioè la giusta esigenza di valorizzare le competenze e le specializzazioni non sconfinerà in uno specialismo da iniziati, che si conoscono e si riconoscono in una sorte di “cerchio magico”. L’occasione sarà almeno in parte persa se non sarà in grado di immaginare e proporre una presenza e una continuità di iniziativa e proposta in grado di andare oltre l’evento occasionale. Cosa rimarrà dopo il 23 febbraio? È questa la principale sfida da cogliere: disegnare le forme e gli strumenti per garantire un supporto non episodico, consapevole e partecipato alla crescita e allo sviluppo dell’intero movimento Open Data in Italia.
L’occasione sarà almeno in parte persa se prevarrà un profilo celebrativo, una giusta e orgogliosa rivendicazione del lavoro, spesso egregio e innovativo, fatto in molti contesti anche in condizioni ambientali non favorevoli. Se, insomma, l’evento piega verso un’autocelebrazione. Senza interrogarsi sui ritardi e sulle possibilità che gli sviluppi delle tecnologie continuamente offrono agli operatori dei più diversi ambiti.
Da questo punto di vista un tema in particolare emerge tra gli altri, quello dell’evoluzione dei dati aperti nella direzione di una reale e completa interoperabilità delle informazioni condivise, grazie all’uso delle tecnologie e degli standard dei Linked Open Data e del semantic Web. L’evoluzione verso le cinque stelle non è frutto di un’ambizione tecnicistica; ma un’opportunità di arricchimento, risparmio, efficienza. Lavorare con i Linked Data può rappresentare una direzione di marcia lungo la quale poter liberare le potenzialità di lavoro collaborativo, affidando l’integrazione ai dati e non più a problematici e spesso costosi strumenti di colloquio tra software diversi. Per fare questo c’è bisogno di modelli, pratiche, esperienze condivise.
Vedremo se il 23 febbraio potrà segnare l’avvio di un percorso in questa direzione.
L’immagine, per gentile concessione dell’artista Letizia Cortini, è un dettaglio dell’opera ”Grande nuvola”, pittura e scultura su tela con plastica tecniche miste, 70 x 100 cm. (2011)