L’alba delle macchine?

Da Matteotelara

Questo articolo è uscito prima su Nazione Indiana e solo successivamente su questo blog.

Ovunque voi siate in questo momento è molto probabile che il vostro smartphone (in caso ne abbiate uno, come la maggior parte della popolazione del mondo occidentale) sappia dove vi trovate.
Per essere più specifici, è praticamente certo che sappia dove siete stati ieri, i messaggi che vi siete scambiati e con chi, e che programmi avete fatto per la serata.
Il tuo smartphone sa dove vivi, chi conosci, se sei in internet e cosa fai quando navighi. Conosce la tua famiglia, le foto dei tuoi amici e delle tue vacanze, i tuoi amori, i tuoi desideri, gli appuntamenti della settimana entrante e a che ora devi svegliarti domattina per andare al lavoro.
Più nel dettaglio il tuo smartphone sa se hai o no un lavoro e quanto possiedi in banca. È a conoscenza dei dettagli della tua carta di credito e del numero del tuo conto corrente.
Secondo una ricerca condotta di recente da una multinazionale che produce antivirus, una percentuale sempre più grande della popolazione dei paesi occidentali (in primo luogo gli USA e a seguire tutti gli altri) usa il telefonino per l’internet banking e fa acquisti pagando direttamente col cellulare invece che coi contanti o con la carta di credito.
In uno scenario del genere viene da chiedersi come mai si stia facendo tanto poco nell’informare la popolazione sulla necessità di fornirsi di antivirus per i propri smartphone. Abituati da anni a scaricare software sempre più avanzati per la protezione dei nostri laptop non siamo ancora stati avvertiti che il computer ha compiuto l’ultimo passaggio del secolo: da qualunque superficie disponibile al confort sempre a portata di mano dei nostri calzoni o delle nostre borse.
Al MIT di Cambridge (Massachusetts Istitute of Technology) sono già in molti ad aver scommesso sulla prossima e non lontanissima rivoluzione digitale: quella che permetterà, ovunque nel mondo, a milioni di macchine di comunicare con altrettanti milioni di macchine: è “l’internet delle cose” (“internet of things”) o, come preferiscono chiamarla alcuni, “l’internet di tutte le cose” (“internet of everything”). Molto prima di quando crediamo (probabilmente già durante la vita dei nostri figli) la maggior parte delle cose che usiamo quotidianamente, dal frigorifero all’automobile, dall’aria condizionata all’allarme di casa saranno collegate a internet. I google glass, questo strumento ai più sconosciuto, che al momento sono, in quanto a diffusione tra la popolazione, paragonabili ai cellulari nei primi anni novanta, diventeranno d’uso comune. Questione di pochi anni e vedremo sempre più persone girare per strada con indosso occhiali in grado di dar loro informazioni in tempo reale su quello che stanno guardando, cercando o addirittura pensando.
Con l’internet delle cose, sostengono gli esperti, ogni dispositivo che è intorno a noi avrà una sim card che ne permetterà l’accesso e il funzionamento. La sim card significherà avere un indirizzo IP, il che vorrà dire essere automaticamente connessi al resto del mondo. Questo, in sostanza, è l’internet delle cose: e sarà il vostro smartphone ad assicurarvene il controllo.
Fantascienza?
Non proprio.
Come qualunque rivoluzione tecnologica destinata a sbarazzarsi del mondo come l’abbiamo fino ad adesso conosciuto per consegnarci ad un futuro dai confini difficilmente ipotizzabili, anche l’internet di tutte le cose è una realtà in fieri, presente intorno a noi – e insieme a noi – più di quanto siamo disposti ad ammettere o ad accettare.
Lo smartphone, oramai è evidente, è il cavallo di Troia del nuovo secolo. E quando tutti ne avranno uno anche i grandi media cominceranno ad avvertire la popolazione della necessità di fornirsi di antivirus in grado di difendere la privacy di chi lo possiede. Nell’ombra, senza troppo clamore, molte compagnie estere hanno già da tempo cominciato ad attrezzarsi.
I consumatori invece – pardon, intendevo le masse – per adesso godono degli infiniti servigi forniti dai nuovi, superleggeri dispositivi elettronici. Per ora ci sono le offerte, c’è l’entusiasmo, c’è la possibilità – o il diritto? o il dovere? – di essere sempre in contatto con tutti e con tutto.
Domani ci diranno che questa scatola nera itinerante è più importante di noi. È diventata noi. E che preservarla, difenderla, tenerla con sé, sarà l’unica maniera di sopravvivere in un mondo sempre più dipendente dal suo funzionamento.
Beneficium accipere libertatem est vendere, diceva Publilíus Syrus quasi duemila anni fa.
Mai come oggi dovremmo riflettere sul significato delle sue parole.


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