Straniante e onirico, L'albero della vita è un film splendido da vedere, dove - nel sincretismo culturale e religioso che lo caratterizzano - la fede non viene mai meno. Si tratta di un credo laico, ovvero non riconducibile a un corpus religioso organico riconoscibile in prospettiva storica, incentrato su un fortissimo senso dell'inizio e della fine - e di una loro fusione trascendente. L'ingenuità sostanziale di questo pot-pourri - patinato, più ancora che decorativo - colpisce insieme per la sua astrazione un po' effimera e per una sincera ricerca di senso che ne può scaturire. I personaggi - tutti, dai protagonisti alla dottoressa Guzetti (Ellen Burstyn), dal padre francescano (Mark Margolis) al Grande Inquisitore (Stephen McHattie) - sono invasi da un dolore e da una necessità di ricerca dell'oltre che li attanaglia e attraverso il quale vivono il presente. È così che la morte sarà anche la via dello stupore oppure una strada per l'assoluto, ma il messaggio fondamentale - in prospettiva teleologica (con quel che ne consegue) - risuona ed echeggia (anche senza apocalisse, rivelazione) nella mente: Il nostro destino è la vita.
Straniante e onirico, L'albero della vita è un film splendido da vedere, dove - nel sincretismo culturale e religioso che lo caratterizzano - la fede non viene mai meno. Si tratta di un credo laico, ovvero non riconducibile a un corpus religioso organico riconoscibile in prospettiva storica, incentrato su un fortissimo senso dell'inizio e della fine - e di una loro fusione trascendente. L'ingenuità sostanziale di questo pot-pourri - patinato, più ancora che decorativo - colpisce insieme per la sua astrazione un po' effimera e per una sincera ricerca di senso che ne può scaturire. I personaggi - tutti, dai protagonisti alla dottoressa Guzetti (Ellen Burstyn), dal padre francescano (Mark Margolis) al Grande Inquisitore (Stephen McHattie) - sono invasi da un dolore e da una necessità di ricerca dell'oltre che li attanaglia e attraverso il quale vivono il presente. È così che la morte sarà anche la via dello stupore oppure una strada per l'assoluto, ma il messaggio fondamentale - in prospettiva teleologica (con quel che ne consegue) - risuona ed echeggia (anche senza apocalisse, rivelazione) nella mente: Il nostro destino è la vita.
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