Che sarebbe un bonsai. Comperato alla Coop con lo sconto.
Regna sovrano sopra ad un tavolino di mio nonno, impreziosito da un centrino di pizzo, stagliandosi sullo sfondo bianco delle tende del salotto.
Il bonsai deriva dalla tradizione giapponese. Questi giapponesi sono tremendi. Una cultura che ha sempre avuto per me un fascino inspiegabile e attrattivo: dai samurai ad Akira, passando per Ken Ishii e T. Kitano.
Cosa significa per me quel bonsai?
La dico così come l’ho appena pensato. Per me significa che “il mondo può finire”.
E ti ritrovi rintanato nella tua casa – che è diventato un bunker – circondato da tanti alberelli ché ormai quelli veri e grandi non ci sono più. E tu conservi i tuoi bonsai per ricordare che una volta esistevano degli alberi grandi, enormi, altissimi. Ma adesso ci sono solo i bonsai. Topos della letteratura fantascientifica: il mondo dopo un flagello atomico. Pochi sopravvissuti, la Natura distrutta e ridotta al nulla. Speriamo di no, che sia solo una favola dal significato apotropaico. Penso al peggio per scongiurare il peggio. Avete presente quelle facce assurde nei palazzi del sette-ottocento nelle nostre città? Solitamente posti sopra agli archi d’entrata delle case dei nobili? Significato apotropaico. Tenere lontani demoni e spiriti maligni. Il sonno della ragione genera mostri. Anche dopo l’illuminismo, il progresso tecnologico, il metodo razionale e scientifico, rimaniamo affascinati e intimoriti (paura + bellezza = sublime) da qualche nostra paura nascosta. E ci crediamo, anche se sappiamo che non è vero. Ma già con il crederci una cosa diventa vera.
Da dov’ero partito? Dal bonasi… com’è piccolo il mondo – figuratevi il mio giardino ;-)
A presto e scusatemi per questo improvvisato pastiche.
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