“…al posto degli occhi restavano solo orbite cavernose e sanguinolente. Dalla bocca spuntava un brandello di carne di incerta provenienza. Sulla gola vi era un enorme squarcio …. E l’addome era solcato da tagli incrociati che lasciavano intravedere gli organi interni. La mano destra era stata tranciata di netto. La ferita in corrispondenza del pube chiariva il problema della bocca: i genitali erano stati mutilati e inseriti fra le mascelle. Anche le natiche erano state asportate, con tagli netti e profondi.”
Con queste parole viene introdotto il ritrovamento del cadavere di un bambino di circa 12 anni, prima vittima del serial killer che, nella New York di fine ‘800 descritta da Caleb Carr, seminerà altre giovani vittime fagocitando il tempo a disposizione degli investigatori per fermarlo: ha ucciso e ucciderà ancora giovani travestiti mutilandone i cadaveri. Nessun grande detective sulle sue tracce, ma una squadra fuori dagli schemi classici: uno psichiatra e il suo aiutante John Moore, giornalista del Times, che fa da voce narrante, il capo della polizia, il futuro Presidente T. Roosevelt e una segretaria, Sarah Howard, la prima donna a comparire in una squadra investigativa ei fratelli Marcus e Lucius Isaacson, uno medico legale e l’altro esperto di prove e fotografie
Il metodo deduttivo è un altro punto di forza, infatti ogni elemento è la base per altri, si somma in uno schema più o meno lineare, che prende forma tra supposizioni, ricerche scientifiche ed intuizioni. Non si ha mai la sensazione che qualcosa sfugga o venga celato e questo non diminuisce la suspance. Anzi, contribuisce a creare uno stato di “fiducia” tra lettore e protagonisti e di riflesso nei confronti dell’autore. Oggi siamo abituati a leggere di serial killer, la cui storia viene ricostruita a partire spesso dall’infanzia e da situazioni di vita particolari, ma proseguire di pagina in pagina secondo questo metoto cognitivo in un contesto di fine ‘800 quando tutto era agli inizi, quando le indagini non erano solite muoversi in tal modo, fa un certo effetto. E non è un caso che l’Alienista, il dottor Lazlo Kreizler, sia un uno psichiatra sul cui lavoro tutti hanno da ridire e sospettare: il primo ad applicare i principi della psicologia all’analisi criminologica. Un’attenzione particolare, per me, l’ha catturata l’unico personaggio femminile, Sarah astuta e ambiziosa, decisa a entrare in polizia dimostrando di dare un contributo fondamentale alle ricerche, arricchito dalla sua visione femminile. Anche la stessa New York ha un ruolo da protagonista, si muove e comunica tra monumenti e strade, tra l’inefficienza e la corruzione della polizia, che non indaga seriamente sui delitti per non andare a toccare i proprietari di bordelli e taverne, per non scoprire lo squallore conosciuto e ignorato, tenuto celato. Roosvelt vuole provare a cambiare le cose ed è lui a mettere su questa squadra investigativa ufficiosa.
Non conoscevo questo romanzo e tanto meno Caleb Carr, ma dall’intervista a Marina Crescenti proprio per Oltreloscoglio mi venne la cuiosità, se una scrittrice come lei lo considerava tanto importante mi sono detta che non potevo ignorarlo. Non vi nascondo che l’inizio è stato lento, quasi quasi stavo per abbandonare, ma poi mi ha presa davvero, forse perchè ho avuto più tempo, forse perchè a mano a mano iniziavo a percepirlo come una “guida” per ogni investigazione, una specie di “origine dell’analisi del crimine”. Sarà per questo che è così amato dagli appassionati del thriller e suscita inevitabilmente curiosità verso l’opera successiva, quale “L’angelo delle tenebre”. Magari, gli dedicherò uno dei prossimi post!
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