Naturalmente non è colpa di Berlusconi, dei capitani di ventura (tra i quali è bene ricordarlo c’è anche quel Roberto Colaninno il cui figlio è responsabile degli affari economici del Pd) o del premier della domenica Renzi, ma dei sindacati, alcuni dei quali si ostinano anacronisticamente a difendere i lavoratori e non sono ancora, come la Cisl, componenti effettivi di Confindustria. Un bersaglio facile per un governo che si meriterebbe un’intervista a “Diprè per il sociale” *, ma è ovvio che si vogliano difendere gli stipendi e i posti di lavoro, fino a che la centrale direttiva si trova in Italia e non nel deserto arabico: è abbastanza evidente che le cifre degli esuberi sono un inganno, passati sei mesi Etihad potrà fare ciò che vuole, anche ammesso che non compri Alitalia al solo scopo di liberarsi di un concorrente rispetto alle compagnie europee che già controlla o con le quali ha accordi di codesharing (vedi qui).
Però le cose fatte male, abborracciate, prive di una visione e di un futuro, finiscono sempre per creare altri problemi. I 75 milioni dati dalle Poste e ancor più i sessanta richiesti adesso stanno mettendo in difficoltà il piano di privatizzazioni : come scrive il Financial Time bisognerà rimandare l’appuntamento perché in queste condizioni, con una quota del 20 per cento in Alitalia, l’azienda non si può presentare sui mercati internazionali e ancor meno il governo potrà pensare di ricavarne i 4 miliardi sperati. dunque si impone un rinvio all’anno prossimo. Il fatto è che il governo cerca proprio dalle privatizzazioni, delle poste, come di Fincantieri, dell’Enav o di Eni, i soldi per non aprire uno spaventoso buco da sei – otto miliardi nei conti. Già Fincantieri ha raccolto la metà della cifra sperata e sale sempre di più l’entità della manovra che come dice Renzi non si farà. L’unica idea è quella di blindare il sistema politico con l’Italicum e il Senato, prima che si arrivi alla resa dei conti.