L’alluminio nel suolo danneggia le colture

Creato il 02 aprile 2015 da Straker
Una recente ricerca conferma – lo denunciamo da anni - che i suoli sono contaminati dall’alluminio. Non è l’alluminio di origine geologica, a differenza di quanto affermato dalla disinformazione, ma quello derivante dalla geoingegneria clandestina. Davvero sbalorditivo e, al tempo stesso, vergognoso il “rimedio” suggerito dagli “esperti”, ossia coltivare piante in grado di resistere a questo metallo, sì magari transgeniche, secondo il solito, collaudato schema problema-reazione-risoluzione.

Negli ultimi quarant’anni anni un terzo dei terreni coltivabili di tutto il mondo è stato perso perché non produceva più. Uno degli elementi maggiormente responsabili di questo processo è l’alluminio che costituisce un problema in particolare per i suoli acidi: circa il 40% dei terreni agricoli del mondo. In questi suoli, i minerali si dissolvono e rilasciano in soluzione il metallo, che poi limita la crescita delle piante. Nonostante gli effetti dell’alluminio fossero noti sin dai primi del Novecento, le ragioni alla base della sua tossicità non sono mai state comprese fino in fondo.
Grazie ad una combinazione di tecniche e all’uso del microscopio TwinMic, che usa la luce di sincrotrone di Elettra, l’équipe di ricerca di Elettra Sincrotrone Trieste in AREA Science Park, ha ‘fotografato’ per la prima volta le modalità d’accumulo dell’alluminio nelle radici dei semi di soia, in funzione dei tempi di esposizione.
Lo studio ha dimostrato che le conseguenze tossiche dell’alluminio sono estremamente rapide, manifestandosi già a partire dai primi cinque minuti di esposizione al metallo e sono dovuti a un’inibizione diretta dell’allungamento di determinate cellule situate all’apice della radice e direttamente responsabili della sua crescita.
“Impiegando TwinMic e la tecnica della fluorescenza ai raggi X – commenta Alessandra Gianoncelli, ricercatrice di Elettra – siamo riusciti ad ottenere una serie di mappe chimiche che hanno evidenziato come l’alluminio si concentri nelle pareti di queste cellule, impedendone l’allentamento e l’allungamento necessari. In questo modo le radici non possono crescere e la pianta non potrà accedere all’acqua ed ai nutrienti necessari per portare a termine il ciclo riproduttivo. L’effetto è già chiaramente visibile in pochi minuti, ma, anche lasciando passare 24 ore, le cellule in cui l’alluminio si è concentrato sono sempre quelle collocate nella stessa zona della radice”.
“Questo studio – precisa Peter Kopittke dell’Università australiana del Queensland, primo autore della pubblicazione – è una chiave importante per la corretta costruzione di strategie atte a contrastare la perdita dei suoli agricoli. Una possibile soluzione per tutelare la produzione agricola passa, infatti, attraverso la produzione di colture più resistenti all’alluminio (sic!!!). A questo scopo la conoscenza dei meccanismi d’accumulo e d’azione del metallo, a livello cellulare e subcellulare, è di fondamentale importanza”.
La ricerca, pubblicata sulla rivista “Plant physiology”, ha visto la collaborazione di Università del Queensland (Australia), Università dell’Australia del Sud, Università di Oxford ed Elettra Sincrotrone Trieste in AREA Science Park.
Fonte: greenplanner

Vietata la riproduzione - Tutti i diritti riservati.

Sponsorizza questo ed altri articoli con un tuo personale contributo. Aiutaci a mantenere aggiornato questo blog.

La guerra climatica in pillole

Le nubi che non ci sono più

Per una maggiore comprensione dei fenomeni legati alla guerra ambientale in corso, abbiamo realizzato l'Atlante dei cieli chimici.

Chi è Wasp? CLICCA QUI

CHEMTRAILS DATA

Range finder: come si sono svolti i fatti


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :