1 marzo 2014 di Redazione
di Fabio A. Grasso
E’ attribuibile a Giuseppe Cino (Lecce, 1635 – 1720), architetto e scultore fra i più significativi del Barocco leccese, l’altare maggiore della chiesa di san Giuseppe a Nardò (Lecce). L’opera si compone di due parti: la prima, a tutta altezza, è appoggiata alla parete di fondo della cappella, l’altra, distaccata dalla precedente, è costituita dalla mensa propriamente detta.
Al maestro leccese, con più precisione, dell’intera opera non sarebbero però assegnabili alcune parti a cominciare dalla mensa e quanto è ad essa connesso direttamente; nell’altra parte dell’altare, poi, quella arretrata e addossata alla parete di fondo, pure estranee a G. Cino sarebbero sia la sezione più in basso (pari a circa la metà dell’altezza complessiva dell’altare) su cui poggiano le quattro colonne tortili dal fusto decorato con figure e motivi vegetali sia il cartiglio epigrafico con foglie caratterizzato da una movimentata cornice a volute e collocato immediatamente al di sopra del quadro centrale con san Giuseppe e il Bambino.
Per essere più espliciti la parte realizzata da G. Cino sarebbe tutta quella al di sopra della sezione appoggiata alla parete di fondo. Opera dello scultore leccese sarebbero: le quattro colonne tortili e la loro trabeazione, le quattro statue a tutto tondo (due inferiori e due superiori), la scena in alto al centro con la Fuga in Egitto, etc. Elementi fondamentali per l’attribuzione di questo altare sono stati i volti delle figure e non solo: quelli delle teste alate al centro dei due tratti di trabeazione che sormontano le colonne tortili accoppiate; quello della statua a sinistra che, posta fra due colonne, raffigura san Giovanni Evangelista; quello della statua di un altro degli Evangelisti, forse Marco, collocato fra le due colonne di destra e ancora la statua dell’Angelo Custode che domina la composizione in alto a sinistra. L’elenco potrebbe continuare naturalmente ma ci fermiamo qui.
Merita una attenzione particolare, infine, il grande riquadro centrale, posto nella parte più alta dell’altare, in cui è scolpita una raffigurazione della Sacra Famiglia durante la Fuga in Egitto. Per chiudere il cerchio e attribuire a G. Cino l’altare di san Giuseppe (escluse alcune sue parti come detto) nella omonima chiesa neretina basterebbe confrontare i volti scolpiti su questo altare con quelli presenti in opere certe o con più sicurezza realizzate da G. Cino e cioè i volti delle sculture, per esempio, presenti nel monumentale palazzo del Seminario di Lecce, quelli visibili nell’altare del Rosario collocato nella Matrice di Martignano (Lecce) – opera autografa di G. Cino – oppure, infine, quelli presenti sulle facciate principali delle due chiese leccesi di santa Chiara e di san Matteo (in quest’ultimo caso solo l’apparato scultoreo collocato al di sopra del piano terreno).