Ghassan Kanafani
Cicorivolta edizioni
in copertina, “Sketch”, illustrazione originale di Yuri Gamberoni
L’altra cosa (Chi ha ucciso Layla al-Hayk?) – Ghassan Kanafani (traduzione dall’arabo di Federica Pistono*) – Cicorivolta edizioni – collana i quaderni di Cico – ISBN 978-88-97424-34-5 – © 2011 – pagine 151 – prezzo 12 €
In un imprecisato paese mediorientale, negli anni Sessanta, un avvocato è accusato dell’omicidio di una donna.
Durante il processo si chiude in un inspiegabile silenzio, rifiutando di difendersi.
Riconosciuto colpevole, viene condannato a morte.
Prima dell’esecuzione scrive alla moglie un memoriale in cui racconta la sua verità sul delitto e le offre l’occasione di riaprire il processo.
Questa è la prima edizione in lingua italiana.
L’8 luglio del 1972, con un ordigno esplosivo, veniva assassinato, a Beirut, lo scrittore e intellettuale palestinese Ghassan Kanafani. Accompagnato dalla nipote sedicenne Lamis, in quel giorno di caldo umido e particolarmente insostenibile, salì sull’auto parcheggiata proprio davanti a casa. Girò la chiave, e non appena mise in moto saltarono in aria. L’opinione più diffusa nel mondo arabo dice che si trattò di una vendetta del Mossad contro un attentato terroristico in Israele, attribuito al “Fronte Popolare di Liberazione della Palestina” di cui Ghassan Kanafani era portavoce. Nato nel 1936 ad Acri (in arabo: ‘Akka), citta’ costiera della regione palestinese, da una famiglia della borghesia araba, (il padre era uno stimato avvocato), nel 1948, in seguito alla costituzione dello stato d’Israele, Kanafani subì le stesse vicissitudini di migliaia di connazionali: l’espulsione e l’esilio. Dapprima si rifugiò con la famiglia nel Libano del sud, dunque in Siria, dove nel 1955, pur coltivando incessantemente gli studi di letteratura e la passione per la pittura e il disegno, lavorò come insegnante nella scuola elementare di un campo profughi dell’UNRWA (United Nations Relief and Works Agency), l’ente dell’ONU per l’assistenza ai rifugiati palestinesi. Fu in questo periodo che seguendo i corsi all’Università di Damasco entrò in contatto con George Habash, leader del Movimento Nazionalista Arabo, fautore degli ideali socialisti e successivamente fondatore del Movimento Popolare di Liberazione palestinese. Nel ’56, il ventenne Ghassan Kanafani si trasferì nel Kuwait per insegnare disegno. Nel 1960, già noto per il suo impegno di artista e intellettuale, convinto dallo stesso George Habash, rientrò a Beirut, dove cominciò una brillante carriera giornalistica e politica che culminò, nel 1969, con la direzione di al-Hadaf (L’Obiettivo), l’organo ufficiale del FPLP che diresse fino all’ultimo dei suoi giorni.
Ghassan Kanafani fu autore di racconti e novelle ispirati all’esempio della “letteratura militante” di Jean Paul Sartre, scrisse articoli giornalistici, storie e romanzi che sfociarono in un gran numero di pubblicazioni politiche e letterarie. Il 1961, lo stesso anno in cui si unì in matrimonio con l’insegnante danese Anni, segnò la svolta della sua carriera letteraria: fu dato alle stampe il romanzo breve dal titolo “Uomini sotto il sole”, intensa, emozionante e sempre attuale storia di tre confinati clandestini che, rifugiatisi dentro un’autocisterna con la speranza di emigrare in Kuwait, verso la prosperità, vi moriranno asfissiati durante una sosta in mezzo al deserto. Tre sventurati che, allettati da un sogno di agiatezza, in realtà inseguono un improbabile riscatto dalla perdita della patria e con essa dalle opportunità mancate, pagando con il prezzo stesso della vita l’inseguimento di una speranza impraticabile.
Ben presto si rivelò il più celebrato romanzo nella letteratura araba contemporanea, e fece di Ghassan Kanafani, ancora molto giovane, il modello intellettuale di tutta una generazione. Il regista egiziano Tawfiq Saleh realizzò dal libro un famoso film dal titolo “Gli ingannati”.
Kanafani entrò a pieno diritto fra i cosiddetti scrittori “della resistenza”, ossia quel gruppo di intellettuali palestinesi che votarono la loro trascinante ispirazione di testimonianza creativa al servizio della patria occupata. Ogni angolo del suo stile asciutto, profondo e delicato, trae ispirazione dalla tragedia personale e insieme da quella del suo popolo, con l’assoluta e oggettiva capacità di trascendere dal particolare, per rappresentare l’universalità di stati e condizioni, che in diverse epoche storiche, senza soluzione di continuità, uomini e donne, si sono trovati a subire e a fronteggiare: l’espatrio, la guerra, il sopruso, l’oppressione.
Così Kanafani è considerato dalla critica araba e dagli specialisti occidentali uno dei massimi scrittori arabi contemporanei e molte delle sue opere sono state tradotte in tutto il mondo.
Tra i suoi scritti più significativi tradotti e pubblicati in italiano citiamo:
Ritorno a Haifa – La madre di Saad, edito da Ripostes e da Edizioni Lavoro, trad. Isabella Camera d’Afflitto; La morte nel letto numero 12 in Palestina, la terra più amata – Voci della letteratura palestinese, ed. Il Manifesto, a cura di P. Blasone e T. Di Francesco; Uomini sotto il sole, edito da Ripostes e da Sellerio, trad. I. Camera d’Afflitto; Se tu fossi un cavallo e altri racconti, Jouvence, trad. A. Lano, presentazione di I. Camera d’Afflitto; La terra delle arance tristi e Solo dieci metri in Narratori arabi del ’900, Bompiani, trad. I. Camera d’Afflitto; La porta in Palestina Dimensione Teatro, Ripostes, trad. C. F. Barresi.
Inoltre, nella vasta produzione letteraria di Kanafani ricordiamo le tre opere teatrali: La porta (1964), Il Cappello e il Profeta (1967), e, infine, Ponte per l’eternità.
* La traduttrice, Federica Pistono, è laureata in Lingua e Letteratura araba presso l’Università degli Studi L’Orientale di Napoli, ha conseguito un diploma di master in Traduzione letteraria ed editoriale dall’Arabo presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Vicenza.
Ha inoltre conseguito il Diploma in Lingua araba presso l’Istituto di Lingua Araba dell’Università Statale di Damasco nonché il Diploma in Lingua araba presso lo Yemen Language Center di Sana’a.