Oggi, la pagina fidentina della Gazza non stimola riflessioni, parliamo di cinema.Che cosa ci suggeriscono immediatamente i nomi di Jean-Luc Godard e Anna Karina? Una coppia artistica e nella vita, rispettivamente artefice e interprete di alcuni film emblematici della Nouvelle Vague. Uno di questi è “Bande à part” del 1965, una pellicola che è stata descritta come «una rêverie di un gangster movie. […] È come se un poeta francese prendesse un banale racconto criminale americano e ce lo raccontasse dal punto di vista del romanzo e della bellezza che egli vi legge tra le righe; Godard riproduce i gangster e la pupa con il loro mondo di associazioni – rappresentandoli come avventori di un caffè, mescolandoli con Rimbaud, Kafka, Alice nel paese delle meraviglie. Questa tragicommedia lirica è forse il film più delicatamente affascinante di Godard» (Pauline Kael). Questo lungometraggio, tratto dal racconto americano “Fool’s Gold” di Dolores Hitchens, pubblicato in Francia da Gallimard e inserito nella popolare collana Série Noire, colpisce soprattutto per alcuni elementi narrativi originali e insoliti. Innanzitutto, i personaggi vengono presentati gradualmente, lasciando che la loro personalità si definisca man mano che la storia procede, senza fornire inizialmente indizi tali da poterli classificare come “cattivi” o “buoni”, dicotomia alla quale non si sottrae nessun personaggio di finzione; soltanto da alcuni stralci di conversazione emerge qualche spia, quando ad esempio Arthur chiede a Franz, che guarda circospetto dallo specchietto retrovisore, se crede che la gente abbia i raggi X.
Oggi, la pagina fidentina della Gazza non stimola riflessioni, parliamo di cinema.Che cosa ci suggeriscono immediatamente i nomi di Jean-Luc Godard e Anna Karina? Una coppia artistica e nella vita, rispettivamente artefice e interprete di alcuni film emblematici della Nouvelle Vague. Uno di questi è “Bande à part” del 1965, una pellicola che è stata descritta come «una rêverie di un gangster movie. […] È come se un poeta francese prendesse un banale racconto criminale americano e ce lo raccontasse dal punto di vista del romanzo e della bellezza che egli vi legge tra le righe; Godard riproduce i gangster e la pupa con il loro mondo di associazioni – rappresentandoli come avventori di un caffè, mescolandoli con Rimbaud, Kafka, Alice nel paese delle meraviglie. Questa tragicommedia lirica è forse il film più delicatamente affascinante di Godard» (Pauline Kael). Questo lungometraggio, tratto dal racconto americano “Fool’s Gold” di Dolores Hitchens, pubblicato in Francia da Gallimard e inserito nella popolare collana Série Noire, colpisce soprattutto per alcuni elementi narrativi originali e insoliti. Innanzitutto, i personaggi vengono presentati gradualmente, lasciando che la loro personalità si definisca man mano che la storia procede, senza fornire inizialmente indizi tali da poterli classificare come “cattivi” o “buoni”, dicotomia alla quale non si sottrae nessun personaggio di finzione; soltanto da alcuni stralci di conversazione emerge qualche spia, quando ad esempio Arthur chiede a Franz, che guarda circospetto dallo specchietto retrovisore, se crede che la gente abbia i raggi X.
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