Quando scrissi quel mio vecchio articolo, mi venne naturale un collegamento con i luoghi dove sono solito ambientare i miei sogni: una periferia di Milano, la mia città natale, molto simile a quella reale, ma con precisi connotati che ogni volta mi permettono di distinguerla e che mi danno la consapevolezza di vivere in un sogno. Un sogno lucido quindi, se così vogliamo chiamarlo, e maledettamente ricorrente. Quell’articolo, che scrissi di getto come mai mi era accaduto prima, si trasformò in una specie di racconto, anche se, lo ammetto, risultò alla fine essere forse poco fruibile come tale. Ritorno oggi sull’argomento a causa di un ebook sbarcato sul mio tablet qualche settimana fa: si tratta di “Milano Doppelgänger”, un breve di Alessandro Girola ambientato in una Milano parallela, molto simile per certi versi a quella Milano che ricorre così spesso nei miei sogni. Scriverci un articolo, per quanto sopra, è un passo praticamente necessario.
La storia narrata è quella di Daniele, un cacciatore di rarità per collezionisti che, commissionato da un enigmatico anglo-maliano, Yann Basil Colibay, si getta alla ricerca di un raro volume del Cinquecento, facente parte della collezione privata di Eugenio Vallesi, recentemente scomparso. Il volume, dall’attraente titolo di “De Virubus Quantitatis”, è un trattato in latino, il primo mai scritto, sulla prestidigitazione e sull’illusionismo. L’autore, che si firma Luca Pacioli, aretino, frate francescano e dotto matematico, morto nel 1517, avrebbe incluso nel libro una serie di “esercizi per affinare la mente”, per imparare a sviluppare quella che egli chiamava “la seconda vista”, la chiave per aprire i passaggi esistenti tra il mondo reale e quello che Luca Pacioli definisce “inframondo”. Molteplici sarebbero i punti di passaggio tra i due mondi, scoprirà Daniele, che decide di ignorare il suggerimento di Colibay: “Non pasticci col De Viribus Quantitatis. Non lo legga” erano state le parole con le quali, inutilmente, il bizzarro committente aveva cercato di metterlo in guardia dallo spaventoso potere del libro.Daniele si troverà proiettato in una Milano a lui ignota, una Milano per certi versi simile a quella reale, ma decisamente più cupa e terrificante. Daniele si troverà di fronte ad un orrore indicibile e rimpiangerà presto di non aver voluto dare ascolto a quell’avvertimento.
Altri recensori, prima di me, hanno paragonato “Milano Doppelgänger” ad opere letterarie di altri celebri autori. Ritengo molto azzeccata, per esempio, l’associazione con “Crouch End” di Stephen King, un altro racconto, incluso nella raccolta “Incubi e deliri”, in cui tra l’altro si respirano intense atmosfere lovecraftiane. Al contrario l’Autore ammette di essersi ispirato, tra l’altro, ad un celebre racconto di Dino Buzzati nel quale un operaio scopre, durante gli scavi della metropolitana di Milano, l’accesso agli inferi (riferimento, quello di Buzzati, a posteriori più che evidente in “Milano Doppelgänger”).Oggi è ancora prematuro pensare di paragonare Alessandro Girola agli autori ai quali si ispira ma, bisogna ammetterlo, se c’è una cosa di cui non difetta, quella è la capacità di trovare ottime idee da sviluppare. In attesa quindi di nuovi sviluppi, e magari di scoprire se le storie di Daniele e del sig. Colibay avranno un seguito, vi suggerisco di andarvi a scaricare “Milano Doppelgänger” dal Kindle Store, dove lo trovate per pochi centesimi di euro. Per chi invece volesse prima conoscere l'opinione di altri bloggers, potete prima transitare sulle pagine di Argonauta Xeno, di Prima di Svanire, di CyberLuke o di Lobodilattice
Malgrado le ricerche e le indagini più scrupolose non sono mai più riuscito a trovare la Rue d’Auseil.Ma la cosa non mi angustia poi tanto, e neppure rimpiango troppo la perdita in abissi inimmaginabili dei fogli fittamente scritti che, soli, avrebbero potuto spiegare la musica di Erich Zann.