L’ambientazione nel romanzo: qualche riflessione

Da Marcofre

L’ambientazione in una storia lunga (quindi: un romanzo), è importante? Lo era, ma adesso è diventata del tutto superflua? E poi, che cosa indica il termine “ambientazione” all’interno di un romanzo?
Per rispondere a queste domande, forse vale la pena fare un passo indietro…

C’era una volta Balzac

Forse sono andato troppo indietro? Può darsi. Nel romanzo “Eugenia Grandet” (che io ho letto nella traduzione di Grazia Deledda), che cosa troviamo?

In alcune città di provincia si trovano case la cui vista ispira una malinconia simile a quella dei chiostri più tetri, delle lande più desolate, delle rovine più tristi: in queste case forse si trovano riuniti e il silenzio del chiostro, e l’aridità delle lande, e le rovine.

Ci sei ancora? Davvero? E stai leggendo questa frase? Allora possiamo continuare!
Si tratta dell’incipit di quel romanzo, uno dei più celebri dello scrittore francese. Ho scritto più volte in passato che leggere i classici è una bella cosa, ma solo se li alterniamo ai contemporanei. Dobbiamo (cercare di) parlare ai nostri lettori, quelli del 2015, e per questa ragione diventa necessario adeguarsi. Superfluo aggiungere che ormai le descrizioni precise del modo di vestire o dell’aspetto fisico dei personaggi, appaiono un poco superate, e probabilmente annoiano il lettore. In un certo senso, si deve sempre lasciare un po’ di spazio al lettore, in modo che anche lui partecipi alla costruzione della storia. E anche se mi pare un po’ eccessivo, ci siamo capiti.
Prima di procedere oltre: una definizione di ambientazione vogliamo provare a darla? No, non è indicare Milano o Ascoli Piceno come scenario della nostra storia. Se ci si ferma a questo aspetto, si rischia di creare uno sfondo, ma a quel punto è meglio non metterlo per niente. L’ambientazione vuol dire creare un luogo indispensabile allo svolgimento dell’azione. E a questo punto credo che la faccenda cambi parecchio.

L’elefante esiste anche se non ne parli

Perché non si tratta solo di piazzare dei personaggi, e di farli dialogare in un preciso posto. Pure l’ambientazione ha un suo motivo, una sua ragione. È un ennesimo elemento richiesto dalla stessa azione, allo scopo di dipanarsi al meglio.
Ah, sì, certo: non è poi così indispensabile. Lo so, e sono sicuro che hai in testa 2 o 3 esempi di romanzi dove l’ambientazione è assente, o scarsa, o comunque poco importante.
Tutto vero. E in fondo, se il tuo romanzo non accenna agli elefanti, questo non vuol dire che non esistano, o che il loro ruolo in natura sia superfluo, giusto? E di conseguenza nemmeno sto affermando che “devi” creare un’ambientazione: perché questa o la richiede la storia, oppure non la richiede. Tocca a te scegliere e decidere.
Ti ricordo solo che se gli elefanti esistono (e mi pare che ci siano ancora), allora pure l’ambientazione ha un suo ruolo preciso. E tenerne conto, farla vivere anziché ignorarla, può essere un vantaggio sia per te che per il lettore. Permette di dare alla storia una fisionomia più definita. Ma ribadisco: tocca a te decidere cosa fare e come procedere.

A Milano quando c’è nebbia mettono il nome sui manifesti


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