Jacoby, scrittrice e giornalista per il “Washington Post”, nella sua rubrica “The Spirited Atheist: In search of a new Age of Reason”, commenta aspramente l’iniziativa del gruppo ateo newyorkese, definendola «frivola» e a scopo puramente pubblicitario, dichiarando inoltre di non sapere se Silverman (il presidente dell’associazione di atei) «si stia comportando in modo deliberatamente ottuso o creda sul serio a questa sciocchezza». Secondo Silverman infatti, in un museo finanziato parzialmente dallo stato (nella fattispecie il 9/11 Museum), i simboli religiosi devono essere tolti o tutti egualmente presenti. L’argomentazione quindi, è la solita trita e ritrita che a suo tempo venne usata anche in Europa –con scarsi risultati- nel caso Lautsi.
La giornalista ha poi continuato confutando punto per punto le asserzioni formulate dall’American Atheist, fermandosi particolarmente su quello che ritiene «la più indifendibile delle obiezioni» ovvero che «la vista di qualcuno che veneri un oggetto, sia offensivo per le nostre convinzioni». La non credente Jacoby, ha poi concluso citando un commento che descriveva entusiasticamente l’azione legale degli atei newyorkesi come «un attacco preventivo contro la Chiesa Cattolica Romana e gli idioti religiosi della destra» ricordando come «colpire preventivamente idee o immagini che una maggioranza o una minoranza non apprezza è esattamente quello che vieta il Primo Emendamento». Gli interventi della rubrica “The Spirited Atheist” interessati in questo articolo possono essere trovati qui e qui.
Nicola Z.