In Italia, ogni anno 3mila persone, otto al giorno, una ogni tre ore, muoiono di mesotelioma pleurico o di uno degli altri dieci tumori asbesto correlati. Il dato arriva dall’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), ma non basta a descrivere quanto la fibra killer pesa sul presente e sul futuro dell’Italia.
Secondo il Fondo nazionale amianto il costo sociale è di almeno mezzo miliardo di euro l’anno. Ma questa strage è solo la punta dell’iceberg. Il numero di vittime, infatti, mostra un trend in crescita che, se non si procede con le bonifiche, dal 2020 rischia di diventare stabile per anni secondo Carmine Pinto, presidente dell’Aiom.
Il problema è che, a 23 anni dalla sua messa al bando dell’amianto nel 1992, gli italiani sono ancora oggi seduti su una montagna di fibra. Il nostro paese, infatti, è stato il primo consumatore di amianto in Europa e il secondo maggior produttore dopo l’Unione sovietica. Quella dell’amianto italiano è una tragedia che va ben oltre l’Eternit di Casale Monferrato, ma che è difficile raccontare con gli strumenti del giornalismo tradizionale.
È per questo che abbiamo lanciato Il prezzo dell’amianto, un’inchiesta data-driven, guidata cioè dai dati, che inizia sul numero cartaceo di Wired di aprile e si sviluppa online con la mappatura dei 38mila siti contaminati censiti dal ministero dell’Ambiente, curata da Davide Mancino. La fotografia che emerge è solo parziale. Le nostre stime, infatti, indicano che, quasi sicuramente, il reale numero dei siti contaminati da amianto è dieci volte più alto. Non ci siamo però fermati ai dati. Rosy Battaglia è andata sul campo per raccontare le difficoltà quotidiane delle comunità e delle associazioni che lottano per assicurare ai propri figli un futuro libero dalla fibra. Una lotta che spesso si combatte nella aule dei tribunali e che spesso vede lo Stato complice delle aziende, italiane e straniere, private e statali che hanno compromesso la salute di migliaia di persone come racconta Gianluca De Martino. Siamo anche voluti andare oltre il ruolo di cronisti cercando di contribuire al cambiamento aumentando la trasparenza, che è forse l’elemento più raro di questa tragedia nazionale. Wired, infatti, per la prima volta rende scaricabili in open-data tutte le coordinate geografiche dei siti contaminati. Questi sono dati che le istituzioni non hanno mai pubblicato in formato aperto, ma che abbiamo scelto di pubblicare perché li riteniamo di altissimo interesse pubblico.
Fonte: FREE ITALIA