L’amicizia è come un while… (Andrea parte #1)

Da Snake788

Antefatto 

Secondo semestre dell’anno 2009/2010.
Un bel po’ di tempo fa…

Ero seduto in un aula rettangolare, su una poltrona a rotelle cigolante. Davanti a me un computer abbastanza in la con gli anni che cercava di accendersi nel minor tempo possibile. Un po’ come un vecchietto che sale le scale e sente la gente alle spalle che cerca di superarlo.
Respiravo.  Mi guardavo intorno. L’aula era piena di studenti. Tutti pettinati a modo e pieni di dettagli inutili. Sembrava la fiera delle vanità piuttosto che un’aula scolastica.
Cliccai col mouse in un punto vuoto per capire se quell’oggetto avesse finito di compiere le sue fatiche mattutine. Sembrava tutto a posto.
Di fianco a me si sedette una ragazza. Tirò fuori in tutta fretta il suo quaderno ad anelli su cui già campeggiavano una marea di appunti. Tutti ordinati e divisi per temi, pieni di colori e segnalini. Più che appunti sembravano quadri. Sorrisi e abbassai la testa sul mio blocco di fogli legato insieme con una molletta nera da ufficio. Tra le tante cancellature e il disordine dei numeri, l’unico colore che spiccava era il nero. I fogli erano molto spiegazzati e non avevo nemmeno idea di che ordine avessero.
Ero sbadato… disordinato… demotivato.
Pensavo che quella materia fosse stata il mio pezzo forte, dopo le mille difficolta intraprese nei precedenti e pochi esami passati. Purtroppo non era così, e il motivo era appena entrato…
Il professore sulla cinquantina avanzava ondeggiando leggermente, data la sua cospicua mole corporea.
Rivolse un rapido sguardo alla classe. Il vociare si fece meno intenso.
Si sedette dietro la cattedra e ci introdusse alla lezione con un tenue “Buon-giorno”, lasciando con la voce, un po’ di spazio tra le parole. Ci chiese se tutti i pc fossero accesi e funzionanti. Come al solito qualcuno aveva qualche problema che comportava un bel po’ di tempo per essere risolto.

Iniziò la lezione. La ragazza di fianco a me iniziò a scrivere come uno scrivano sotto dettatura di un logorroico. Ascoltavo. Cercavo di replicare i movimenti del prof sul pc. Cercavo di imparare… di ricordare… Ma risultava estremamente difficile. Meccanicamente scrivevo pezzi di codice in C su un programma che, stranamente, conoscevo sin da quando ero bambino.
Sorrisi al ricordo.
Mi divertivo a far comparire messaggi sullo schermo del pc di mio padre. 
Ma non sempre le cose andavano a buon fine e incasinavo file e cartelle, causando parecchie urla in casa.
Ciclo while, ciclo for, ciclo if-else… non riuscivo a capire, nonostante il professore li spiegasse come se fossero la cosa più banale del mondo; e questo mi urtava.
Lasciai andare il pc e iniziai a scarabocchiare i miei fogli. Quanto avrei voluto qualcuno che mi desse una mano. Anche per un semplice sfogo dalle mille incomprensioni giornaliere.
Non conoscevo nessuno. La nascita dei rapporti sociali è sempre stata un mistero per me.
Sospirai. Alzai la testa e guardai il professore intento a spiegare.
Nella mia testa però, c’era il vuoto. Niente di niente. Il prof ci provava, ma le informazioni non volevano proprio entrare. Era tutto inutile. Tempo perso e buttato.
Mi alzai in silenzio… cercando di non disturbare quei compagni che non avevo mai conosciuto.
Avanzai verso la porta con in mano il blocco di appunti disordinati.
Lo buttai nel cestino… senza rimpianto.
Appena fuori, aspettai che la porta si chiudesse automaticamente dietro di me.
“Ci riproverò… 
chissà quando… 
ma non ora…”

continua… giovedì ore 10:00