A volte il destino è stranamente beffardo.
L'avevamo accolto in pompa magna, salutandolo con l'ardore che si conviene ad un grande capo di Stato, avevamo accettato supini come sudditi la sua arroganza e le sue stranezze.
Molto aveva detto e spesso aveva usato parole pesanti e fuori luogo, ma si aveva avuto la premura di bollarle come folklore, mettendo nello stesso calderone le accuse, le pretese, la tenda e le guardie del corpo only women.
E adesso?
Ora che il colonnello Gheddafi sta vivendo le ore più buie del suo "regno", l'imbarazzo serpeggia nelle stanze dei bottoni.
Ma come, l'amico fraterno del popolo italiano sta compiendo autentici massacri sulla popolazione?
Dove è finito il grande statista, il capo di stato tollerante, il "guai a chiamarlo dittatore" che ci hanno dipinto quando è venuto ad onorarci della sua visita.
A dire il vero qualcuno La domanda l'aveva anche posta, non è che fate gli amiconi, perchè vi sentite in colpa per lontani massacri, e sopratutto perchè il sor Gheddafi ha in mano gasdotti vitali per la nostra economia oltre a possedere parte delle aziende italiche?
Noi subito a negare sdegnati, come si permettono questi giornalisti di dire che siamo degli opportunisti schiavi di logiche economico-politiche. Noi al libico gli vogliamo bene davvero perchè è proprio una bella personcina.
E ora di questa amicizia dobbiamo rispondere, perchè il mondo ce ne chiede conto, stretti in una duplice morsa dove è difficile rintracciare una scappatoia.
Il mondo "libero" vuole una presa di distanza forte, netta, assoluta, posizione che fino a ieri era impossibile da sostenere.
Perchè era impossibile? e perchè solo fino a ieri?
Perchè ieri il re di Tripoli era ancora in vantaggio ed è meglio non inimicarsi colui che tiene per gli ammenicoli la nostra economia, e chissene se stermina popoli, affari d'Africa, non di certo nostri.
Ma adesso i ribelli sembrano vicini alla vittoria, l'amico sta per cadere e quindi bisogna passare con tutta fretta sul carro dei nuovi vincitori, accontentando l'Occidente e strizzando l'occhio ai nostri prossimi referenti energetici.
Quando "E' morto il re, viva il re" diventa politica di stato mentre il senso della degenza si perde nei mille cavilli del politichese
Immagine tratta dal blog TizianoCaviglia.name