Quando noi parliamo di Croce dimentichiamo che è un patibolo dove il Corpo di Cristo, dilaniato, esala la sua anima. Parliamo di salvezza, ed è giusto perché dalla Croce è scaturita la salvezza, ma non entriamo nell'essenza di questa, rimaniamo alla superficie e non diveniamo discepoli veri di Cristo: "Chi vuol essere mio discepolo, prenda OGNI GIORNO la sua CROCE e mi segua".
Ogni vita umana è segnata dalla croce, dalla sofferenza. Gesù con questa breve frase, non alludeva ad una croce qualsiasi, alla sofferenza sterile, sopportata tanto per sopravvivere: voleva ben dire: accetta il tradimento, la sofferenza fisica, la solitudine in espiazione e riparazione dei peccati tuoi e dell'umanità intera. Se non fosse stato così, Gesù avrebbe parlato semplicemente di sofferenza. Parla invece di croce, in rapporto alla Sua Passione. La sofferenza, la croce dell'uomo, quella che noi crediamo ingiusta, va portata. Ogni vita del discepolo, è in relazione a quella del Maestro. Non può essere scissa da essa. Essa, nelle Sue mani, solo nelle Sue mani, diventa strumento di salvezza per tutto il genere umano. Dalla riconoscenza, dall'amore per la Croce di Cristo, nasce l'amore per le nostre croci quotidiane. Comprendiamo che la Croce di Gesù è la nostra salvezza; pure la nostra croce può diventare strumento di salvezza e si deve amare: da patibolo infamante, delusione cocente per il tradimento, può diventare salvezza per tante anime lontane da Dio e consolazione per il Cuore trafitto di Gesù. Ecco quindi, il desiderio dei santi di soffrire. Non certo per puro masochismo, l'uomo è infatti creato per la felicità, soprattutto l'uomo chiamato da Dio a seguirlo più da vicino. Allora, solamente se comprendiamo la grandezza della Croce di Gesù che ha portato alla Resurrezione, possiamo dare significato alla nostra Croce che, unita alla Sua, si può finalmente scrivere con la C maiuscola...