L’amore bugiardo – Gone Girl: la malattia dei media

Creato il 27 aprile 2015 da Stefanodg

David Fincher è uno dei migliori cineasti nel nostro tempo, tanto da sfornare opere cinematografiche dal calibro di Seven e Fight Club, ormai entrati di diritto nello scaffale visivo di un amatore di cinema. Oggi vi parlerò dell’Amore Bugiardo (Gone Girl; 2014), trasposizione del romanzo del 2012 di Flynn; non si può non notare un forte richiamo all’attualità, alla cronaca nera di questi tempi malsani: l’incipit è il Femminicidio: di cui, purtroppo, sentiamo costantemente parlare nei notiziari e nei talk-show. Era logico che questo tema, sentitissimo oggi, sbancasse prima nella letteratura e poi come trasposizione cinematografica: nota molto positiva che qui viene sfruttata in maniera innovativa, con chiave psicologica.

Allo sceneggiatore – scrittore del romanzo non scappa un analisi al fenomeno Media, strettamente collegato con il Business che ormai avvolge tutto ciò che nasce su questa terra. I mass media hanno il dono di entrare nel cervello delle gente, nel bene e nel male. I programmi tv riescono a far nascere certezze, dubbi e paure divenendo quasi delle divinità, che conoscono il giusto e il male: se in un crimine si indica un individuo come omicida gli spettatori andranno ad accettare tale notizia come quasi totalmente certa. La televisione, in primis, internet in seconda ( ma con molta meno forza, poiché in questo universo esistono moltissime voci in capitolo, mentre in tv no, ma solo una o due) trasformano tutto in evento pubblico riuscendo a far divenire semplici individui delle star del momento, trasformare un omicidio in Show, fino a togliere il potere giuridico e esecutivo alla giustizia, ma questa si sposta nelle case delle persone, nelle reti televisive e sui vari social network: ciò accade sempre più spesso nei casi avvolti dal mistero o dall’orrore, in cui personalità “famose” e che non sono assolutamente dei detective o degli specialisti in questione espongono tranquillamente un opinione, opinione molto spesso coerente con l’intero programma, venendo esposta senza dubbi di un probabile errore.

Tutto questo impianto esiste per un singolare motivo, a cui purtroppo non possiamo nasconderci: la massa è interessata a questi Show, tutti noi abbiamo voglia di vivere dentro queste storie, proviamo ( da sempre) un grande fascino verso i Killers, delle storie di sangue e di mistero,  però è un conto leggere o guardare opere di genere Thriller ed un altro storie reali e non di pura creazione mentale.  La cronaca nera va alla grande, i programmi tv ottengono un ottimo audience, essenziale per mantenersi in vita, quindi perché devono smettere di trattare argomenti d’interesse pubblico? Così cavalcano l’onda trasformando semplici persone coinvolte o accusati del delitto in vere star del momento.

L’incipit della narrazione: Una giovane donne scompare il giorno dell’anniversario del suo matrimonio. Il marito al suo ritorno a casa trova un mobile distrutto e non trova nessuna traccia di lei, segnale che è accaduta una colluttazione violenta. La polizia immediatamente lo interroga, lo considera come unico sospettato. Quando però spunteranno fuori alcuni fatti e il diario, in cui lei scrive d’aver paura del marito che la maltratta, il gioco è fatto e ormai l’uomo è, per tutti, un Killer. Come in tutti i casi reali, il marito è sempre ritenuto l’assassino, ma sarà lui? Tutti, e soprattutto i media lo definiranno uno psicopatico ancor prima del processo.

Nel complesso il risultato finale è di livello: la sceneggiatura fila bene, i dialoghi costruiti non sono insulsi o detti così per dire, ma chiari e concisi. Il montaggio tramite i suoi salti nel mondo di Amy e in quelli dell’indagine riescono a mantenere attiva la concentrazione dello spettatore senza annoiare, le 2h: 30 passano via leggere.  La regia è precisa, ordinata, priva di fronzoli artistici che rendono il tutto commerciale, poiché in modo semplice ed efficacie narra semplicemente le vicende: questa scelta lo rende capibile immediatamente, senza aver bisogno di più visioni (come può accadere nelle pellicole di Lynch). E’ un classico film. Per analizzarlo lo dividerei in due parti:

  1. La prima parte del film ( da qui qualche spoiler) è leggermente banale. Il tutto è un thriller ma la suspense è completamente assente. Questa parte funziona solamente grazie alla lettura del diario, che riesce ottimamente a dare il ritmo alla storia. Il vero guaio narrativo, più che registico, è che noi siamo sempre a favore del marito: neanche per un istante l’ ho creduto colpevole, ma anzi mi ha inspirato simpatia. Dopo un quarto d’ora ero sicuro che il mistero fosse dietro le buste, il loro gioco ad indovinelli con cui dovevano rintracciare il loro regalo d’anniversario; ho sempre ritenuto che lei fosse scappata, che lo volesse per qualche strana ragione punirlo, che lei aveva finto tutto, che lei stufa di come lui si comportava con lei, maltrattandola (qui mi son sbagliato) aveva deciso di vendicarsi  Suspense zero, ansia zero. Si comprendeva subito, dal fatto che la polizia non lo arrestava, che in qualche modo Nick sarebbe riuscito a cavarsela, senza guai
  2. La seconda parte si apre con la dolce sposina in macchina che abbandona per sempre la sua vita, fingendosi morta. Lo spettatore scopre che la donna intelligentissima è praticamente pazza, falsa. Aveva scoperto che lui la tradiva, che il suo matrimonio era agli sgoccioli, che lui non l’amava più: tutto ciò per la sua mente era troppo, doveva dare una lezione a quell’ ingrato.  La suspense non compare magicamente, anzi quel pizzico di tensione che era presente si elimina, dato che noi ormai sappiamo tutto.  Bravura registica è stata quella di riuscire a incuriosire lo spettatore, vogliamo scoprire come si comporterà Amy e siamo attratti dal suo carattere, freddo e calcolatore. Ovviamente, come in ogni buon film, non tutto va bene, il piano della finta defunta non fila lisciamente ma trova dover affrontare dei guai e così modificare in corsa l’obbiettivo finale. La storia del marito passa in secondo piano, fortunatamente, lasciando lo spettatore concentrato sulle azioni della mente contorta di lei. Da questo momento in poi la banalità svanisce e tutto si svilupperà in un modo inaspettato. Il finale è l’anti-banalità. E’ questa traccia della storia che rende il film godibile e apprezzabile nel suo insieme

Indubbiamente è un opera registica di valore, è un buon film da vedere al cinema, anche se inferiore ad altri lavori di Fincher. Una nota positiva è l’interpretazione degli attori ( Rosamund Pike e Ben Affleck)  che è perfetta, pienamente adatti e calati nella parte. Nate è un uomo leggermente insensibile, che gli piacciono le donne e fare dei bei sorrisi finti; mentre lei inizialmente è una dolce e intelligente mogliettina che quando scopre del tradimento del marito mostra il suo lato nascosto, come fredda e spietata calcolatrice che in ogni modo possibile cercherà di ottenere i suoi scopi, riuscendo a giocare tutte le sue carte prendendosi anche qualche rischio.

S.D.G.



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