È un ridente pomeriggio nella campagna inglese quello in cui Joe, divulgatore scientifico, e Clarissa, ricercatrice, stendono una coperta sul prato per fare un picnic. Festeggiano il ritorno di lei dagli Stati Uniti, e non potrebbe esserci scenario migliore: l’erba squilla verde agli occhi e il cielo è una tavola azzurra, sgombro di nuvole. Solo una macchia li distoglie dalla parentesi romantica: un pallone aerostatico.
In pochi minuti la fiaba bucolica si trasformerà in un dramma.
McEwan, in L’amore fatale, ci narra di un tema ormai conosciuto a tutti: lo stalking. Ma ce ne parla nel 1997, quando questa parola era tutt’altro che diffusa, e ce ne parla quindi nel modo migliore: senza poter ricorrere a semplicistiche spiegazioni, ma affrontando l’argomento passo dopo passo, di peggioramento in peggioramento, mano a mano che Joe si scopre intrappolato in una gabbia a cui non sa dare nome.
Il pallone aerostatico intravisto nel terso cielo inglese viene travolto da un colpo di vento. A condurlo è un uomo anziano, che cerca in ogni modo di tenerlo a terra, o perlomeno di salvare il bambino ancora a bordo.
Joe accorre, e assieme a lui altre persone presenti sulla scena. Si improvvisano zavorra umana nel tentativo di tenere a terra il pallone aerostatico per il tempo necessario a far scendere il bambino, ma qualcosa va storto: qualcuno cede, si stacca, e così facendo fa risollevare il pallone aerostatico. Uno dopo l’altro, tutti i soccorritori tranne uno mollano il colpo.
Solo un uomo rimane attaccato, divenendo sempre più piccolo all’orizzonte mano a mano che il pallone si alza e allontana. Quando è troppo distante da terra per potersi salvare, Joe vede questa minuscola sagoma cadere, precipitare, schiantarsi in un silenzio di tomba.
La scena è agghiacciante, ma non sarà Joe a subire lo shock più traumatico.
Jed, una delle persone presenti al dramma, rilegge in tale evento un segno divino: lui e Joe erano destinati a incontrarsi, e a farlo in modo fatale, perché fatale è la loro relazione, decisa e scritta dal Fato – altro nome di Dio, da cui Jed si sente prescelto.
Comincia così la vera trama de L’amore fatale, romanzo imperniato sul tema dell’ossessione. Quella di Jed per Joe, ovviamente, ma anche quella di Joe per Jed, speculare e opposta.
McEwan rivela il meccanismo perverso che rende lo stalking tanto lesivo per le sue vittime: non la minaccia reale del persecutore, ma gli effetti che tale minaccia – nel rimanere una costante, ineludibile, minaccia – hanno sulla mente della vittima.
Joe, oggetto dell’ossessione di Jed, scoprirà di non sapere come liberarsi di Jed in quanto non sa razionalizzare la minaccia che Jed rappresenta. Come spiegare alla polizia perché dovrebbero fare qualcosa per tutelarlo? È stato forse aggredito? No, tutt’altro: Jed lo riempie di parole d’amore. È stato forse minacciato? Mai direttamente, mai inequivocabilmente. Insomma, perché Joe chiede alla polizia di essere aiutato? Perché un uomo si è innamorato follemente di lui? Ma questo non è reato – o, perlomeno, nella forma dello stalking non lo era in Inghilterra ai tempi del romanzo.
McEwan mette su carta la spirale discendente che rende tale una vittima. È un processo lento e sottile, tutt’altro che chiaro, in cui amore e odio si fondono in un’unica, affilata, sostanza, di cui Joe sente la lama a pochi millimetri dal collo.
McEwan ci rivela tale processo ricorrendo a una narrazione intimista, capacissima di rendere la quotidianità di Joe grazie alla resa puntuale che fa del suo pensiero: mentre il protagonista digerisce il dramma del pallone aerostatico, la vita va avanti. Di fianco ad esso s’innesta la sempre più preponderante presenza di Jed, ma vi figurano anche i mille temi che compongono una giornata: il suo rapporto con Clarissa, donna che lo ama nonostante la bassa stima che Joe ha di se stesso, le proprie insoddisfazioni personali e lavorative, riflessioni sullo status della scienza e sulle concezioni della società – e tutti quei bocconi di pensieri che compongono l’inarrestabile incedere della vita quotidiana. Sarà proprio questa a essere stravolta, in ogni anfratto, dalla presenza di Jed.
La prosa di McEwan è a suo modo candida, pacata, capace di prendersi i propri tempi per descrivere nel dettaglio i moti e le riflessioni che compongono il carattere di Joe. La sintassi e il lessico sono quelle di uno scienziato che si è rivenduto come divulgatore scientifico: Joe pensa e parla avendo dalla propria la lucidità del ricercatore, ma sa esprimersi con la chiarezza di un divulgatore. E non smetterà, per il corso dell’intero romanzo, di cercare di analizzare e razionalizzare la minaccia che gli sta sconvolgendo la vita. Ce la farà?
A voi lettori la sentenza.
Nel frattempo, è proprio grazie a tale approccio che i lettori possono seguire passo dopo passo, come scienziati che osservino un esperimento, gli effetti che lo stalking ha sulla mente di una persona.
Ian McEwan (1948, Gran Bretagna) è autore di tredici romanzi, tra cui i più recenti: Solar (2010), Sweet Tooth (2012) e The Children Act (2014). Enduring Love (1997) e Atonement (2001) sono stati trasposti negli omonimi film. Vincitore di diversi premi letterari, scrive anche narrativa per bambini e sceneggiature.
Written by Serena Bertogliatti