Vincenzo Palladino
Luigi Settembrini, nella sua vita da cospiratore, fu chiamato a sostenere molte prove. Molto particolari alcune, più comuni altre. Conobbe il tradimento degli amici, non quelli del bar, ma quelli con cui organizzava l’eversione segreta. Conobbe la durezza del carcere ingiusto. Dovette coltivare per la moglie e i figli l’amore epistolare. Dovette diffidare della solidarietà di tutti.
Ma non bastò. A Settembrini toccò affrontare anche la prova di un interesse sessuale diverso, per un altro uomo. E, come fosse una congiura, un assalto, una protesta, pensò di teorizzarlo, di comprenderne i contorni culturali per accertarne l’interesse di un’intera comunità.
Capì, prima d’altri, che il suo interesse sessuale per un uomo non era e non doveva essere una questione di carattere privato, ma d’interesse sociale: il primo coming out della storia omosessuale, momento pubblico, è ascritto al tedesco Ulrichs che nel corso di un convegno per giuristi, tenutosi a Monaco il 29 agosto 1867, comunicò le sue preferenze sessuali. Molto dopo, però, la stesura de I Neoplatonici che Settembrini curò nel 1858.
Da professore, da pedagogo, da avanguardia, da rappresentante di un’elite, da liberale affrontò la questione sociale dell’omosessualità. Quando scrisse I Neoplatonici pensò ad un manifesto della comunità uranista, come si diceva allora. Erano i tempi dei manifesti (quello scritto da Marx e Engels fu pubblicato nel 1848), dell’organizzazione teorica delle classi sociali, in cui era necessario comunicare in faccia tutto il mondo il loro modo di vedere, i loro fini, le loro tendenze.
E Settembrini scrisse il suo romanzo breve con lo stesso approccio, fu solo più pedagogico, meno duro, e con la voglia di spiegare in modo semplice ciò che era difficile da capire.
Dalle prime pagine s’intende che Settembrini fonda le basi culturali in cui la comunità omosessuale dovrà riconoscersi, scrive le regole a cui è opportuno attenersi per vivere un amore omosessuale per un’intera vita.
La temperanza, la convivenza quotidiana, la reciprocanza, il sesso con le donne, il matrimonio, l’amore eterno, sono le regole che Settembrini scrive nel suo manifesto nel lontano 1858 nell’interesse di una comunità sociale ancora senza coscienza e identità.
Mancando un destinatario preciso, facilmente individuabile, il Settembrini non concesse, per sua scelta deliberata, al suo breve romanzo – manifesto — alcuna diffusione.
È noto che lo sforzo sistematico, racchiuso nel breve romanzo I Neoplatonici, fu proposto alla moglie come la traduzione di un autore greco, in realtà mai esistito.
Settembrini si lasciò condizionare dal suo spirito carbonaro, dall’abitudine a scrivere invettive anonime per non scontare anni di reclusione, da una diffidenza acquisita negli anni della cospirazione ? È difficile rispondere con certezza a questa domanda.
Settembrini aveva, nel contempo, la coscienza di scrivere per i posteri, per un tempo futuro e per tempi migliori. Scrisse il manifesto degli omosessuali perché altre generazioni, future e migliori, lo sbandierassero, lo adottassero, lo rispettassero, ne facessero un vessillo delle loro battaglie di emancipazioni.
Dopo circa cento cinquanta anni dalla scrittura del romanzo, è giunto il tempo di riconoscere a Settembrini il meritato tributo, conferendo al suo sforzo sistematico massima diffusione, senza se e senza ma.
per gentile concessione dell’autore
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Il volume sarà presentato il 16 marzo a Salerno (Sala Menna, ore 10.00) e a Napoli (Palazzo San Giacomo, ore 16.00), il 17 marzo a Caserta (Teatro Civico 14, ore 10.00) e a Benevento (Libreria Luidig-Einaudi, ore 17.00), il 18 marzo ad Avellino (Chiesa del Carmine, ore 18.00).
Con il patrocinio del Comune di Salerno. Hanno aderito: Paolo Patanè (Presidente nazionale Arcigay), Arcigay Napoli e Salerno, Iken Onlus Napoli e Avellino, e ATN-Associazione Transessuali Napoletane.
Eventi realizzati in collaborazione con Napoligaypress.it