Titolo originale: La Vénus à la fourrur Anno: 2013 Paese di produzione: Francia Distribuzione: 01 Distribution Durata: 96 min Regia: Roman Polanski Sceneggiatura: David Ives, Roman Polanski Fotografia: Pawel Edelman Montaggio: Hervé De Luze, Margot Meynier Scenografia: Bruno Via Interpreti principali Emmanuelle Seigner Mathieu AmalricGuarda il trailer
Comunque la si veda, una cosa è certa: esiste un cinema che agisce sullo spettatore come una vera e propria folgorazione. Lo posso affermare per esperienza personale. A me è capitato più volte di imbattermi in film che ti rapiscono dalla prima immagine. E così è stato, con Venere in pelliccia, l'ultimo film di Roman Polanski presentato in concorso al Festival di Cannes. Si sono spente le luci in sala e sulle note tintinnanti e sempre evocative di Alexandre Desplat, la macchina da presa mi ha risucchiata dentro lo schermo sotto una pioggia battente, lungo un viale alberato che porta davanti all'ingresso di un vecchio teatro. Quel teatro mi ha spalancato le porte e mi ha svelato il proprio mondo. Vi troviamo un regista (Mathieu Amalric) e un’attrice (Emmanuelle Seigner) intenti a provare un adattamento teatrale del romanzo "scandalo" Venere in pelliccia di von Sacher-Masoch. Man mano però i personaggi che interpretano si impossessano di loro e realtà e finzione si sovrappongono fino a confondersi.Di nuovo personaggi rinchiusi all’interno di un luogo-prigione. Di nuovo il mondo esterno relegato, attraverso un carrello di in e out, a un contenitore di storie e palcoscenici, di autori, attori e personaggi da raccontare, interpretare, esistere. Di nuovo un gioco tutto al ribasso nei confronti della messa in scena, che si compone di un’unica location – come nel precedente Carnage – riducendo ulteriormente gli attori al numero minimo di due. Un record anche per lo stesso regista, che al suo esordio con Il coltello nell’acqua, ne mise in scena soltanto tre. Attingendo a Le Baccanti di Euripide e ai vangeli apocrifi – la carta dell'intertestualità non è mai stata giocata meglio – Polanski si confronta, con il romanzo che ormai da quasi 150 anni mette a nudo le dinamiche tra schiavitù e dominazione, vittima e carnefice, sacrificio e soddisfazione. E lo fa col rigore proprio del filologo e la sua ironia dissacrante, partendo dalla piece teatrale tratta dal commediografo David Ives nel 2010 (qui in veste di co-sceneggiatore). Polanski si ritrova tra le mani una materia a lui congeniale, e la filma con quel senso dell’ombra, dell’ambiguità e del non detto, che è il suo marchio di fabbrica. Raggiungendo i massimi livelli della Τέχνη (téchne = arte di saper fare con perizia) con un film che racchiude in sé tutte le manifestazioni artistiche possibili: dal cinema alla letteratura, dal teatro alla pittura. Se tutto questo arriva allo spettatore, un merito imponente lo hanno anche e soprattutto i due interpreti, davvero sublimi. Mathieu Amalric, suggestivo alter-ego di Polanski stesso, e Emmanuelle Seigner, una Venere trasformista caparbia, capricciosa, irresistibile. Sbalorditiva. Come questo film.
Voto: 8
...e Dio lo punì e lo mise nelle mani di una donna. (Leopold von Sacher Masoch)