Rocco (Siffredi) è stato un’iniezione di libertà psicologica in un
paese fortemente bigotto.
Pierluigi Diaco
di Rina Brundu.“Non puoi essere Rocco Siffredi e pensare solo ad una donna!” con queste “immortali” parole è cominciato il solitario monologo del Rocco Siffredi naufrago mediatico illuminato sulla via della spiritualità tra le solitarie spiagge di chissà-quale-isola-esotica; un monologo riproposto questa mattina (immagino, più volte) da uno dei tanti programmi che si occupano dell’esegesi al risorto programma L’isola dei fumosi. Se siano tanti questi programmi in realtà non lo so, ma parevano tanti dato che in codesta giornata di festa irlandese dedicata a San Patrizio, qui a Dublino non si lavora e quindi lo zapping impazzito è d’obbligo; così come sarebbe d’obbligo cambiare subito canale non appena ci si rende conto di stare a guardare l’inguardabile.
Di fatto sono bastati cinque minuti di sintonizzazione su tale mattiniera trasmissione della rete ammiraglia berlusconiana (non ne conosco il titolo), che tra gli altri ospiti vantava the likes of Pierluigi Diaco (ancora?? Ma non era dalla D’Urso domenica scorsa?) e la sempre-presente Alba Parietti, per capire come mai sui siti di notizie in quello stesso momento si stava parlando dell’ennesimo scandalo tangentaro italiano. Ci si chiede insomma come sia possibile che ogni giorno (oggi è martedì, dunque è lecito pensare che siano programmazioni quotidiane), vengano ancora passati allo spettatore che guarda questi spettacoli da neurone rincoglionito. Molto probabilmente è perché esiste un pubblico che gli apprezza e che non si fa fatica ad immaginare lo stesso pubblico che assiste affascinato allo “spettacolo” ignominioso offerto dalla Casta politica peggiore che la Storia del mondo ricordi, e non fa nulla per cambiare lo status-quo.
C’é davvero qualcosa di inquietante in questa sorta di gelatinosa pseudo-culturalità mediatica che nasce dalle ceneri del berlusconismo: per certi versi è come guardare dentro uno specchio deformante, rivedere il peggio che ha nutrito lo spirito di noi ragazzi degli anni 80, e testimoniarlo germogliare rigoglioso come una cacca di vacca spalmata sul muro per nascondere la tappezzeria vergognosa. Il tutto senza alcuna speranza di cambiamento dato che i messaggeri di cotanta “spiritualità” sono gli stessi di allora, triti e contriti, visti e rivisti, “fatti” e rifatti, come fantasmi infestanti, pasciutti e satolli, ma determinati a non sloggiare mai.
Il relativo, immancabile, colpo di grazia sembrerebbe darcelo lo “scetticissimo” Friedrich Nietzsche del “Proemio di Zarathustra”, il quale scriveva: «Vi scongiuro, fratelli, restate fedeli alla terra e non credete a quelli che vi parlano di sovraterrene speranze! Essi sono degli avvelenatori, che lo sappiano o no. Sono spregiatori della vita, moribondi ed essi stessi avvelenati, dei quali la terra è stanca: se ne vadano pure!».
Da Così parlò Zarathustra a Così parlò Rocco Siffredi, siamo messi molto bene, ammettiamolo!
Featured image, Nietzsche nel 1885, all’epoca della stesura dello “Zarathustra”; oggettivamente sembra diverso da Rocco Siffredi.