IL FLAGELLO DELL'INQUINAMENTO DEI FIUMI CINESI
C'è un ecatombe di maiali che fa rumore da parecchi giorni sul web: più di 6 000 animali, dal maialino al maiale adulto di parecchie centinaia di chili, sono stati ritrovati morti nelle acque del fiume Huangpu che attraversa Shanghai. Ce n'è abbastanza da rilanciare il dibattito sull'inquinamento dell'acqua, un fenomeno generalizzato e tuttavia poco preso in considerazione dalle autorità.
"Per il momento, la qualità dell'acqua non è stata colpita ma dobbiamo ritirare i maiali il più rapidamente possibile per non lasciare i loro corpi marcire nel fiume", assicura Xu Rong, direttore dell'agenzia di protezione dell'ambiente del distretto Songjiang di Shanghai, citato dal quotidiano cinese anglofono Global Times. Delle parole che fanno fatica a rassicurare la popolazione, mentre lo Huangpu conta per il 20% nella consumazione di acqua dei 23 milioni di abitanti della capitale economica cinese. "Allora, poiché non c'è visibilmente nessun pericolo nel bere questa acqua, chiediamo al segretario del partito comunista cinese di Shanghai, al sindaco ed alle autorità competenti sull'acqua di essere i primi a bere questa zuppa di carne", ironizza l'avvocato Gan Yuanchun sul suo blog, citato dalla BBC.
Perché le prove dell'inquinamento dei fiumi da alcuni anni non mancano. L'anno scorso, il governo cinese faceva così un bilancio spaventoso della situazione: il 40% dei fiumi cinesi sono gravemente inquinati ed il 20% lo sono ad un livello tale che la loro acqua è stata giudicata troppo tossica per permettere il minimo contatto. "Il deterioramento della qualità dell'acqua minaccia la sicurezza e la salute delle persone e limita lo sviluppo economico e sociale", deplorava così il vice-ministro delle risorse idriche Hu Siyi. Osservazioni forti per un governo noto per minimizzare i problemi ambientali che si trova ad affrontareDa dove proviene questo inquinamento? Una parte della spiegazione risiede nel numero di fabbriche petrolchimiche costruite vicino ai fiumi - circa 20 000 di cui 10 000 lungo il fiume Yangtsé e 4 000 vicino al fiume giallo - che scaricano regolarmente i loro rigetti tossici nell'acqua, con grande costernazione della popolazione e spesso sotto il naso delle autorità. L'anno scorso, il ministero della supervisione parlava così di 1 700 incidenti chimici responsabili di un inquinamento dell'acqua ogni anno. Il costo totale annuo in termini di vite umane sarebbe di 60 000 decessi prematuri, circa 750 000 legati all'inquinamento in Cina, secondo la banca mondiale.
Gli esempi di questi inquinamenti non mancano: a settembre scorso, il fiume Yangsté, una volta chiamato "fiume blu",si è colorato di rosso vicino alla città di Chongqing, suscitando l'inquietudine degli abitanti. Gli scienziati s'interrogavano allora, nelle colonne del blog della rivista Nature, sulla causa di questo colore impressionante: inquinamento chimico, troppo forte concentrazione di melma o depositi di sedimenti a causa delle forti precipitazioni?
Se anche nessuna spiegazione definitiva è stata data, resta il fatto che nel dicembre 2011, un altro fiume, il fiume Jian nel nord del paese, si era anche lui colorato di rosso dopo una fuga di coloranti in un laboratorio tessile illegale. Nel settembre 2011, il fabbricante cinese di pannelli fotovoltaici Jinko Sola aveva dovuto chiudere una delle sue fabbriche a Haining, nell'est del paese, sotto la pressione della popolazione. La ragione: il sito rigettava dei livelli eccessivi di fluoruro, un elemento molto tossico a dosi elevate, sia per i pesci che per gli abitanti. Altro caso, altro colore,: i fiumi Baiyang e Daqubang, nella provincia dello Zhejiang (sud-est), sono diventati arancioni nel marzo 2012, e sono stati soprannominati dai locali "il fiume giallo" ed il "fiume succo d' arancia". Secondo gli scienziati, non è il fango o la sabbia ad avere colorato l'acqua, ma l'inquinamento industriale ed in particolare il rilascio di ferro.
fonte: http://ecologie.blog.lemonde.fr/2013/03/12/le-fleau-de-la-pollution-des-rivieres-chinoises/ tradotto per Biancheggiando da Fabienne Melmi.