Si è tenuta venerdì 21 a Cogne una conferenza dal titolo “Sui binari della memoria. Il turismo e l’anima dei luoghi” promossa da Legambiente. Il tema, a parte altre comunicazioni interessanti, ma di contorno, è stato evidentemente il destino delle Miniere di Cogne. Sono pessimista, lo dico subito, perché la sensibilità dei nostri (ahimé) amministratori è pari a zero, come vicina allo zero mi pare la consapevolezza di ciò che bisogna fare per dare gambe a un progetto di riqualificazione e valorizzazione di un sito straordinario e unico. Dicono, con la solita faccia di bronzo che li contraddistingue, che il primo passo è in corso riferendosi ai lavori (obbligatori per legge) che il concessionario Fintecna deve garantire per dismettere le miniere. Non è quindi il risultato di una scelta consapevole di sviluppo, tant’è che aspettano la riconsegna del sito per passare alla fase della progettazione di massima. Poi aggiungono, ad ogni buon conto, che non ci sono i soldi, che l’operazione costerebbe troppo, ecc. ecc. Nessuna obiezione seria e netta invece è mai venuta dalla Regione riguardo all’ipotesi di un collegamento funiviario con Pila. Si preferisce rincorrere un modello di turismo invernale in crisi, quello dello sci alpino, e che richiede continuamente investimenti faraonici (si vedano le innumerevoli ricapitalizzazioni delle Società delle Funivie), invece di sviluppare ulteriormente quel miracolo che è il turismo di Cogne, fatto di qualità del paesaggio e dell’offerta di servizi e soprattutto di identità speciale e unica. E’ questo che il mercato del turismo chiede sempre di più e non una ulteriore stazione sciistica standard. La valorizzazione delle Miniere di Cogne andrebbe in questa direzione, affondando le proprie radici in una delle essenziali ragioni d’essere di questo Comune, e risponderebbe, con una risorsa eccezionale e sostenibile, alla domanda turistica più evoluta. In questa ottica anche il trenino di Acque Fredde acquisterebbe un senso come tassello della Via del Ferro valdostana.
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