In seguito si arriva all’altro nodo importante del film, ovvero la sparizione di Mei. Ormai è diverso tempo che la mamma è assente da casa e c’è grande felicità e attesa per il suo rientro, previsto per quel fine settimana, prima della sua dimissione definitiva. Purtroppo, un giorno prima arriva un telegramma: la donna non sta bene e non può muoversi dall’ospedale. Mei accoglie malissimo la notizia, lei e Satsuki finiscono per litigare e poco dopo la piccola scompare da casa. Satsuki, che è un po’ più grande e intuisce che la situazione della madre potrebbe essere più grave di quanto immagina, non sa come gestire la situazione, con il padre assente per lavoro e la sorella che scalpita e pesta i piedi. Quando si accorge che Mei è sparita, si sente in colpa e realizza che probabilmente la sua sorellina ha cercato di raggiungere da sola l’ospedale, ma si è persa. Gli abitanti del villaggio cominciano a cercarla ovunque; poco dopo un sandalo rosa viene trovato nel fiume, ma per fortuna non è di Mei. Le ore passano veloci, e quando ormai è quasi l’ora del tramonto Satsuki fa l’unica cosa che le viene in mente: chiede l’aiuto di Totoro.
Totoro la affida al nekobus, e finalmente Mei che, sconsolata, si era effettivamente persa in mezzo alla campagna, viene ritrovata. Le due sorelle, sempre a bordo del nekobus, si recano in ospedale dalla madre e la osservano dalla cima di un albero. La madre (come pure il padre, che in quel momento è con lei nella stanza) non si accorge di nulla, ma le sembra di vedere dalla finestra la sagoma delle sue figlie e si sorprende nel trovare sul davanzale della finestra una pannocchia di granturco arrivata lì chissà come.
Anche Satsuki sarebbe morta ad un certo punto della storia, e precisamente quando chiede a Totoro di aiutarla a trovare Mei (gesto analogo a quello di Tomie Nakada, la sorella di Yoshie, che morì suicida): la bambina prega di riuscire a trovare il sentiero che porta da lui e lo percorre correndo trafelata (qualcuno ha rilevato un'analogia tra la tana di Totoro alla fine del sentiero e il tunnel con la luce in fondo che le persone che hanno esperienze di pre-morte affermano di vedere), e poi Totoro la fa salire sul nekobus, il che equivale a trasportare anche lei nell’aldilà. Le due sorelle riuscirebbero quindi a rivedere la loro mamma, ma non a riabbracciarla. La mamma, a sua volta, riuscirebbe a percepire la loro presenza (a differenza del padre) perché è moribonda (o forse anche lei appena morta). Anche la morte di Satsuki non viene mostrata, ma il cambio di atmosfera sarebbe stato reso attraverso gli effetti visivi e l’uso del colore: anche la sua ombra sparisce, e i disegni di Satsuki e Mei ad un certo punto sembrano sbiadire, quasi a suggerire che le due siano diventate degli spettri.
Personalmente, ho notato che la brillantezza dei colori si spegne verso la fine del film, ma l'ho sempre attribuito al fatto che la narrazione si svolge durante e dopo il tramonto, e tra l'altro in un lasso di tempo contenuto a livello di minutaggio; e poi, il mio spirito di osservazione non è così acuto da notare qualcosa di anomalo nelle ombre.
Quanto al nekobus, una volta presa a bordo Satsuki sostituisce la destinazione 墓道, “strada per la tomba”, con めい: il nome “Mei” scritto in hiragana. Trovata Mei, la nuova destinazione diventa 七国山病院, Shichikokuyama byouin: ovvero l'ospedale Shichikokuyama, dove è ricoverata la mamma delle due bambine. Per quanto mi riguarda sono convintissimo che il nekobus sia davvero un mezzo di trasporto per l'aldilà, ma credo anche che il viaggio che fa fare alle due bambine sia tutto tranne che soprannaturale. O forse lo è, ma è un viaggio circolare che inizia e finisce nel mondo fisico. Questo viaggio potrebbe essere, banalmente, il simbolo del superamento delle paure infantili dell'abbandono e della solitudine, derivate dalla possibile morte della madre che aleggia su di loro per lungo tempo senza però concretizzarsi, ed esasperate da una natura ricolma di presenze (reali o immaginarie) fuori dall'ordinario: insomma, il simbolo del percorso di crescita attraverso cui tutti noi, chi più e chi meno serenamente, siamo dovuti passare.
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