Questa recensione è apparsa domenica su Osservatorio Iraq – Nord Africa e Medio Oriente.
Come il precedente e fortunato Vertigo (Marsilio, 2012), anche Polvere di diamante è un thriller – giallo dall’animo pop ambientato al Cairo. Al contrario del primo però, in cui i buoni alla fine trionfavano, la trama di Polvere di diamante è molto più scura, decadente e sanguinosa ed è infarcita di lugubri becchini, corvi neri, cimiteri, poliziotti corrotti e politici avidi.
Il plot segue la vita di Taha Hussein al-Zahhar, giovane farmacista che proviene da una modesta famiglia di quella media borghesia strangolata dal regime di Mubarak. Taha vive in un umile appartamento nel quartiere di Doqqi insieme a suo padre Hussein, un ex insegnante di storia, la cui esistenza era stata stroncata a fine anni ’90 dall’ “affare Al-Rayan” che si era portato via tutti i suoi risparmi (e quelli di buona parte della media borghesia egiziana).
Per il dolore, Hussein era rimasto paralizzato ed era stato abbandonato dalla moglie: costretto a vivere su una sedia a rotelle e a guardare il mondo dalla finestra della sua camera, Hussein sopravvive covando rancore e propositi di vendetta verso un Paese che lo ha deluso e contro coloro i quali, secondo lui, hanno trascinato l’Egitto in una sorta di inferno dantesco fatto di corrotti, pervertiti e ladri.
Ahmed Mourad (fonte: Facebook)
L’unica convinzione che lo fa andare avanti è la massima secondo la quale “a volte siamo costretti a commettere piccoli errori per correggere errori più grandi” e una piccola boccetta di vetro contenente una polvere bianca impalpabile, la misteriosa e micidiale “polvere di diamante” del titolo.
Taha sarà coinvolto, suo malgrado, nella spirale di assassinii e vendette in cui è immerso il padre, diventando il simbolo della perdita dell’innocenza dell’Egitto, i cui peccati possono essere espiati solo a danno di tutta la comunità, dove nessuno è salvo perchè mai del tutto innocente.
Polvere di diamante si legge a rilento fino a quando, verso la metà del libro, il lettore apprende, stupefatto e sconvolto, l’inversione di rotta che Mourad fa compiere a Taha. Da allora, il romanzo segue le incredibili vicende di Taha in un crescendo di colpi di scena fatto di morti, veleni e ricatti che conduce il lettore ad un finale degno di un vero giallista. Un finale che, tuttavia, lascia un po’ l’amaro in bocca.
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