“L’anno della maturità” di Anna Balzarro, Sinnos

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

Ammetto di essermi accinta alla lettura del romanzo “L’anno della maturità”, pubblicato recentemente da Sinnos nella collana Zona Franca, con animo leggero e, forse, macchiato da qualche ombra di pregiudizio.

L’autrice, Anna Balzarro, è una storica impegnata negli studi sulla Resistenza e, soprattutto, attiva con lavori e pubblicazioni volte a preservare e tramandare il valore e la corretta Memoria della Resistenza, affinché questo periodo fondamentale per la nascita della nostra democrazia non rischi di perdere senso e significato, soccombendo sia ad atti di revisionismo mirati, sia all’immancabile logorio del tempo che, se non contrastato da studio e approfondimento, tende ad appiattire e lasciar sfocare ogni evento.
Personalmente reputo di grande importanza un lavoro in questa direzione, e ritengo anche fondamentale l’istruzione dei giovani i quali, oramai troppo distanti da quegli anni, separati da un gap generazionale che, andando oltre i nonni, ne impedisce la testimonianza diretta, rischiano di non sapere più nulla, di dimenticare e di perdere in tal modo, oltre che parte delle proprie radici, anche l’assicurazione sul mai più che tali ricordi dovrebbero garantire.

Quindi la mia punta di scetticismo non era dovuta all’intento, che trovo non solo nobile ma doveroso, quanto al medium scelto, e cioè il romanzo per ragazzi.
Temevo invero, più che altro, per la qualità dell’opera che, dichiarando i suoi intenti, avrebbe rischiato di perdere in godibilità della trama e diventare solo un mezzo per insegnare, e quindi con poche probabilità di risultare attrattivo agli occhi dei lettori più giovani.
A fomentare tali timori il fatto che l’autrice fosse al suo primo libro per ragazzi…Insomma mi aspettavo, nell’aprirlo, un lavoro più di divulgazione che di fiction, qualcosa che fosse prossima al libro di testo, giusto con un pizzico di brio in più.

Mi sbagliavo. E parecchio pure.
Certo che infondo potevo anche intuirlo, magari osservando meglio la copertina – che tra tratti quasi scanzonati e colori vivaci mostra una lettera che macchia di sangue l’acqua del mare – che qualche elemento forte, ben più vivo e impressivo, persino doloroso, rispetto al resoconto freddo, avrebbe potuto nascondersi tra le pagine.

E, di fatto, “L’anno della maturità” è una lettura coinvolgente e per nulla scontata, con una trama ben pensata che tiene saldo il lettore, costruita come un giallo, con un mistero da risolvere che non svela le sue carte prima dei capitoli finali.
In uno stile letterario piacevole, leggero ma non banale, che riesce a essere preciso senza risultare pesante, che sa fornire insegnamenti con naturalezza mescolandoli con misura alla trama ed evitando assolutamente l’effetto didascalico, Anna Balzarro allaccia tra loro i vari piani temporali di un racconto che dal presente scava nel passato, saldando il valore delle radici e della memoria, sia sul piano personale del protagonista che su quello storico-politico-culturale che appartiene tutti.

Il romanzo è quindi di formazione in senso ampio, là dove chi si va formando, e quindi crescendo, è sia il personaggio principale che vive la sua avventura, sia il giovane lettore che, leggendo, ha ben chiaro che non di sola opera di fantasia si tratta e quindi è spinto, anche emotivamente senza troppe mezze misure, a confrontarsi con una realtà passata che non può essere dimenticata o archiviata.
Per riuscire in questo intento l’autrice gioca su elementi forti, senza ingigantirli né usarli per speculazioni emotive che non avrebbero senso, ma è indubbio che, per ben rendere una delle epoche più buie e crudeli della storia dell’umanità, non si possa tacerne né edulcorarne le nefandezze.

Nell’estate del 1987, Giulio e i suoi quattro amici – due ragazze e due ragazzi – decidono, per festeggiare il successo degli esami di maturità appena sostenuti, di trascorrere una vacanza al mare in Liguria, presso la casa estiva di famiglia del ragazzo.
Una bella palazzina in riva al mare, dove il giovane fin da bambino era solito villeggiare, insieme alla nonna – che sui monti prossimi a quei luoghi aveva da ragazza fatto la Resistenza – e alla mamma – ora professoressa di liceo ma un tempo sessantottina e attivista politica.
Giulio conosce gli anni della guerra, oltre che dai libri, dai racconti della nonna, che narra di essere stata ferita alla gamba ancora zoppicante proprio durante gli scontri coi tedeschi, e da vecchi studi della mamma, che parecchi anni addietro aveva iniziato a svolgere una tesi, poi incompiuta, sulla Memoria della Resistenza.
Cose vecchie, di poca importanza, per i cinque diciottenni i quali, in pieni anni ottanta, giudicano con una vena un po’ moralista e canzonatoria gli ideali dei loro genitori e reputano oramai antiche – roba da libri di storia – le vicende dei nonni durante la guerra mondiale.

Fin quando il ritrovamento, proprio nella casa al mare, di una lettera mal conservata e poco leggibile non getta un’ombra funesta e preoccupante sul passato e sulle possibili azioni delle loro madri, in particolare della madre di Giulio.
Una strana missiva del 1977 indirizzata alla donna, che fa riferimento a misteriosi personaggi, ai luoghi dove i nonni avevano combattuto come partigiani, a una manifestazione, a un uomo ucciso a Genova, a un altro arrestato, a sensi di colpa e fughe…
I dubbi sono immediati: possibile che la ligia e seria professoressa sia stata anni prima implicata in organizzazioni terroristiche? E quali sono i fili che legano quel passato a quello più remoto dei monti di Borgorega e degli uomini e le donne che lassù combatterono per la libertà?
Non resta che mettersi in viaggio per scoprirlo.
E così i cinque amici saranno risucchiati in un’indagine avventurosa e ricca di colpi di scena, che li porterà sui passi della Storia. Conosceranno Lupo, ex comandante di brigata partigiana ora indurito dal tempo e dalle delusioni, Irma, donna anziana non risparmiata dalla violenza, Marco e Giovanna, coppia dalle scelte di vita diverse dalle più diffuse. E ancora ex partigiani, ragazzi delle loro età impegnati in attività politiche e uomini infidi che l’esistenza ha comunque messo alla prova…
In un susseguirsi rapido ma mai scontato il lettore giungerà, insieme a Giulio, alla soluzione del mistero che, per entrambi, non sarà privo di emozione e dolore.

Un romanzo piuttosto intenso, che mi ha commossa, spiazzata, che indubbiamente non è scivolato via lieve come avrei immaginato prima di accingermi alla lettura.
Salvo qualche peccatuccio che si può perdonare nella caratterizzazione dei personaggi – molti dei quali risultano un po’ piatti in un ruolo prestabilito e poco sfaccettato – all’autrice si deve riconoscere il successo di aver costruito un libro che non annoia né lascia indifferenti, che si legge d’un fiato e tieni ben saldi alle pagine, che non indugia mai, nonostante il tema e l’intento, in momenti didascalici o puramente finalizzati all’insegnamento mantenendo sempre fluido il legame tra storia e significato, in modo che quest’ultimo si sveli nella prima per naturalezza ed evidenza e non per forzatura.
Azzeccato anche il titolo, semplice e accattivante ma chiaramente evocativo, là dove la maturità intesa è sì quella degli esami ma è anche, dietro le righe, quella vera, dell’anima che acquisisce consapevolezza, si riappacifica con trascorsi difficili e indirizza gli sforzi verso un impegno futuro più chiaro e concreto.

Solo un dubbio mi resta e spero vivamente che sia fugato da chi sceglierà, magari anche nelle scuole, di sottoporre questo libro all’attenzione dei ragazzi: che la costruzione basata su un passaggio di testimone generazionale – dalla nonna alla mamma e infine a Giulio, il protagonista – non risulti troppo estranea a chi, come i quindicenni di oggi, da quel filo è oramai fuori e non ha la possibilità di riannodarlo.
Ma infondo i romanzi, più che i testi divulgativi, servono a questo: a restituire intensità ed emozione, e quindi memoria e partecipazione, a fatti che oramai non posso più contare sul calore e sulla forza del racconto diretto.

(età consigliata: dai 13 anni)

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