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L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).

Creato il 16 maggio 2014 da Lilianaadamo

di Liliana Adamo.

“…sai, anch’io ho le mie fobie. Una è quella della folla…”

Così scrivevo ad un amico americano raccontando dei Ceri di Gubbio, perché il fattore imprescindibile di questa celebrazione, ogni 15 maggio, emerge proprio dalla coralità popolare; eugubini, ospiti d’altre città, prossime o lontane, turisti d’ogni nazionalità, tutti assiepati ai lati delle stradine, ai balconi, sulle piazze, la maggior parte rincorrendo quei matti per un giorno intero, fino a notte, quando si risale il Monte, ormai stremati dalla fatica. Una ressa incontenibile, ma dovevo vincere le mie paure ed esserci.

L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).

Mi attraeva che, presumibilmente, i “ceri “ riproducono la festa religiosa-pagana, più impetuosa e drammatica che si tiene in Italia e Gubbio è ancora una piccola città concepita come capolavoro architettonico della civiltà medievale e della società due-trecentesca. Un territorio antropico, articolato nelle antichissime corporazioni o “universitates” d’arti e mestieri, difeso da antiche mura, rocce e boschi secolari e da montagne (tre, le principali, Foce, Ingino, D’Asciano).

L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).

Partita in pullman dalla mia città acquisita, Perugia, risalendo le colline, mi rendo conto di quanto sia stupefacente questa zona, al confine fra Umbria e Marche, per l’altitudine, la varietà dei terreni, l’assetto dei rilievi. Mi ricordo d’aver letto, da qualche parte, una singolare identificazione di verdi e delle loro gradazioni per descriverne la luce. Dalla strada, da finestre, balconi o ballatoi, penzolano drappi con simboli criptici, in parte pregiati, al momento non sono riuscita a capire di che cosa si trattasse.  Poi, ecco Gubbio.

“… Sul misticismo vero e presunto degli umbri si è scritto molto, troppo e a sproposito. Sulla loro pazzia, poco niente …”(1)

L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).

Scendo dall’autobus, afferro il cellulare, chiamo Visia, un’amica con la quale ho appuntamento. Eugubina autentica, mi offrirà un fazzoletto rosso da mettere al collo e una sfilza continua d’emozioni. Ho del tempo, così prendo una stradina del quartiere dei Lanaioli, incrocio un gruppo di “ceraioli” e non me li lascio sfuggire: “C’è una risposta certa, etimologica o filosofica, sulle origini della vostra follia? Voglio scrivere un resoconto di questa giornata per una rivista americana…” Ostento tutto il mio fascino femminile. “Americani? Ci sono sempre piaciuti…” In due, si avvicinano stringendomi sottobraccio, camicia gialla e fazzoletto rosso al collo… “L’articolo glielo scriviamo noi, poi lei ci paga…” Non credo d’essere d’accordo. “Venga su con noi e le facciamo vedere da dove viene la nostra pazzia!”. Sembrano molto persuasivi ma rinuncio all’invito e mi perdo tra botteghe di merletti bianchi e vasellame decorato a tinte sgargianti, profumo di bruschette spolverizzate d’aglio ed irrorate d’olio, gustando la prima sigaretta e presa dalla voglia di un caffè. Qui, nell’antichissimo quartiere dei Lanaioli che sale fino a quello di San Martino, fra due lembi di palazzi di pietra, scorre un fiumiciattolo, denominato il Cavarello. Ho pensato questi luoghi centinaia d’anni fa e donne a riva di questo corso d’acqua a lavare le lane, lavorate dagli artigiani del luogo…scherzi d’immaginazione, i paesaggi umbri mi rendono vittima di particolari sortilegi.

Le torte dei matti di Gubbio

L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).

Si narra che nei tempi in cui si trovava sotto il dominio dello stato Pontificio a Gubbio ci fossero 19 ospedali e nessun manicomio.

Una delegazione d’Eugubini si recò dal Papa chiedendo che ne facesse costruire uno.

Sua Santità che aveva da poco assistito alla tumultuosa “Corsa dei Ceri”, tuttora esistente, rispose che bastava chiudere le porte della città e il manicomio era bell’è e fatto.

Gli Eugubini avevano portato in dono una torta così buona che nei giorni seguenti il papa chiese ripetutamente della torta dei Matti di Gubbio.

(Scritto sull’uscio di una taverna alle porte della città, mentre risalivo la strada dei Lanaioli)

Dal basso verso l’alto, dall’alto verso il basso. Questa è la morfologia e fra queste colline e montagne è racchiusa la memoria storica del luogo. Per vivere qui, devi dimenticare la dimensione spaziale del piano, del rettilineo. Avere un duplice sguardo, assuefarti a bizantine prospettive, dal basso verso l’alto e viceversa. E’ il leit-motiv degli umbri che discutono dei fatti loro, aprono la conversazione con: “Sei stato giù…sei stato su?”. Non c’è un’accezione logica e non si desume da dove ti trovi, su o giù può essere ovunque, con un senso cosmico dei due termini, una percezione spaziale circolare senza un inizio e una fine, un punto di partenza o d’arrivo.

L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).

Ho già scritto di Gubbio come città capolavoro. In essa vi è l’apogeo della cultura umbra. Le origini, antichissime, sono attestate dalle “Tavole Eugubine” custodite nel Palazzo dei Consoli. Fuori della città vecchia, c’è un “Teatro Romano”, mentre sul monte Igino riposano le spoglie d’Ubaldo Baldassini, il patrono, unito ai tre santi dei ceri. Vi nacque uno dei Montefeltro, Federico, condottiero e mecenate d’ogni arte. Gli esecutori di questo capolavoro si chiamavano Oderisi, Nelli, Mastro Giorgio, Gattapone, Francesco di Giorgio Martini.  Era la città-stato medievale e come tale meritava la realizzazione del superbo complesso del Palazzo dei Consoli, della Piazza Pensile e del Palazzo Pretorio, esempio assoluto di grazia urbanistica. Torri intatte si stagliano qua e là, fra austere facciate dei palazzi, simboli di un potere intrecciato d’avvenimenti umani e che, forse, tuttora, occultano altri misteri. Nella rarefazione fra arte e storia vi è anche una teoria di un certo professor Alvarez, secondo la quale, inciso nelle rocce della gola del Bottaccione, vi sarebbe il segreto legato alla scomparsa dei dinosauri, avvenuta 65 milioni d’anni fa.

Dai Lanaioli, guardando attentamente verso l’alto, mi giunge la diagonale del campanile, una piazza gremita e i ceri sollevati unicamente a forza di braccia, sembrano monoliti rivolti al cielo. Dalle gradinate di Via Baldassini, la gente comincia a spingermi, fra urla ed incitamenti, trascinandomi da un punto all’altro, come in alta marea, da sola, in questa scombinata euforia. Quasi mezzogiorno, ho l’appuntamento, mi ritrovo a venire giù per la solita ripidissima stradina e per quanto è precipitoso il dislivello, mi pare di correre a perdifiato. Abituati a camminare, non puoi cavartela con mezzi pubblici, biciclette, o peggio, automobili, devi usare soltanto le gambe e lo sguardo. Due elementi necessari per vivere qui.

Alle prime luci dell’alba, un drappello di banditori ha dato l’inizio, suonando i tamburi e movendosi in ogni quartiere della città. E’ il segnale, il 15 di maggio è oggi.

Sacro, profano, folklore, tradizioni lontane che richiamano la terra, il sudore, la fatica, vale a dire la fisicità legata all’astrazione spirituale, fra arcaico e moderno, due modus vivendi non contraddittori per la gente di questa regione.

Gubbio è gemellata a Jessup, Pennsylvenia e la Pennsylvenia è stato il punto d’arrivo del mio primo viaggio negli Stati Uniti. Curiosa coincidenza!

L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).

L’origine religiosa è stata abbondantemente documentata come atto di devozione degli eugubini al vescovo Ubaldo Baldassini, dall’anno della sua morte, maggio 1160. Una processione mistica accompagnata da grandi candelotti di cera percorreva le vie della città fino al Monte Igino, dove tuttora è tumulato il corpo del santo, nell’omonima basilica. I candelotti di cera offerti dalla Corporazione d’Arti e Mestieri, col tempo divennero tanto consistenti da essere poi sostituiti, intorno alla fine del ‘500, con tre strutture di legno, che – più volte ricostruite – sono esattamente quelle d’oggi. La seconda ipotesi, più affascinante, predilige la memoria della festa pagana in onore di Cerere, dea del raccolto e della terra, giungendo a noi attraverso i fasti comunali e le signorie rinascimentali, il dominio pontificio e le lotte risorgimentali.

L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).

Tre sono le strutture di legno, prismi ottagonali rinforzati da un telaio interno, attraversato da un’asse, che fuoriesce all’esterno con due “timicchioni”, incastrandosi in un supporto chiamato “barella”. Queste strutture, caricate a spalla, portano, sulla sommità, tre piccole statue rappresentanti i tre santi protettori delle Corporazioni: Sant’Ubaldo, dei muratori e degli artigiani in genere, San Giorgio, dei commercianti e Sant’Antonio dei contadini. Ecco l’origine dei drappi delle case di Gubbio e il contrasto dei colori indossati dai “ceraioli”, neri per Sant’Ubaldo, blu per San Giorgio, gialli, infine, per Sant’Antonio. Ogni famiglia eugubina appartiene ad ognuno di questi ceppi e nel giorno della festa dei Ceri, vi s’ insinua un’ostentata rivalità, comprensibilmente messa da parte il giorno successivo.

L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).

La gente si fonde nell’esaltazione della corsa già nei primi momenti in cui Capitani, Alfiere e Trombettiere a cavallo precedono al galoppo i Ceri. I Capitani dell’anno precedente danno il “via”. La folla elettrizzata irrompe in un solo grido corale, coeso, unico. Allora, avviene qualcosa che, ai miei occhi, sembrava impossibile in quella calca umana, come per incanto la marea esultante si apre, all’unisono, per consentire il passaggio dei ceri in corsa, piantati sulle robuste spalle dei ceraioli. Lungo le vie medievali, i Ceri oscillano paurosamente, sfiorando mura e finestre, considerando che essi devono correre quanto più veloce è possibile, ma i ceraioli hanno grande competenza ed anni d’esercizio. Si danno il cambio in corsa, riuscendo a prevenire incidenti gravi, qualche volta cadendo anche rovinosamente, in caso di pioggia. E’ una prova di forza e maestria, riuscire a sottrarsi da cadute e “pendute”e questa rappresenta la sfida, la vittoria finale. Non esiste il sorpasso, vi è una tacita intesa che i Ceri arriveranno sul Monte nello stesso ordine in cui sono partiti: Sant’Ubaldo, San Giorgio e Sant’Antonio. La corsa dura da mezzogiorno fino a sera inoltrata, con alcune pause ed alcuni “cambi”. Una follia allo stato puro per chi, come me, non è avvezzo alla sregolatezza degli eugubini, ma, aspetta, non è affatto finita.

 

L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).

La battaglia degli spruzzi, alla fontana dei “matti di Gubbio”

Un appartamento in un antico stabile s’affaccia sul corso principale del quartiere di San Martino, e tutti m’accolgono come se mi conoscessero da sempre. Questo genere di cordialità umbra mi tocca intimamente, perché sono stata una napoletana trapiantata nel profondo nord,  successivamente mi sono fermata al centro e possiedo uno spirito migratore che non mi lega ai ricordi nemmeno quando ritorno a “casa”, a sud.

Il momento sostanziale giunge inaspettatamente con la comparsa dei ceraioli, alla spicciolata, nel primo pomeriggio, subito dopo il pranzo. Dapprima un gruppetto di giovani chiassosi che “trafugano” bottiglie di vino rosso e grappa dal tavolo ancora apparecchiato. Saranno i primi a cedere, di colpo, l’uno addosso all’altro, sui gradini di una scala di legno che porta al piano di sopra. Poi arrivano gli altri, più stagionati. Sono giorgieri, in blu e fazzoletto rosso. Ce n’è uno magro, profondi occhi azzurri e lunghi capelli ricci che s’accascia di colpo sul divano, mentre abbraccia la mia amica e s’addormenta incurante del chiasso, dopo un caffè, accanto a noi. Mi chiedo il motivo per il quale, dietro tanta fatica, nessuno assaggia un po’ di pasta, carne sullo spiedo o un pezzo di torta alle noci, non credo siano ospiti così timidi ma è l’adrenalina che fa muovere i loro muscoli, con tonnellate di peso sulle spalle. Visia m’ assicura che il cedimento fisico ed emotivo, il crollo vero e proprio ci sarà soltanto qualche giorno dopo, non essendo eugubina ed allenata ad una certa imperturbabilità, stento a comprendere tutto questo.

L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).
L’apoteosi dei ceri (dedicato al 15 maggio e ai ceraioli di Gubbio).

Intorno alle 15.00 ecco nuovamente la Corsa dei Ceri percorrere il quartiere di San Martino, ci precipitiamo giù portandoci dietro una bottiglia di rosso, quando arrivano maledico la mancanza della macchina fotografica, la mia amica si è ampiamente raccomandata di non portarla: “Te la rompono”, ha detto… Come? Me la rompono? Preceduti da una banda, dai trombettieri e cavalieri a cavallo, arrivano e…spariscono in fondo alla strada, una ventata di follia.

Di fronte alla nostra postazione, tra i palazzi Beni e Bargello, seminascosta in una piccola piazza a L, c’è la gloriosa fontana, quella dei matti, per intenderci. Tre giri intorno (correndo), lascia che gli spruzzi dei tuoi amici t’ annacquano per bene e in seguito puoi ottenere la tua“patente” di pazzo, due euro…lì, alla bottega dietro l’angolo. Comincia l’atipica battaglia: esponenti dei giorgieri spruzzano abbondantemente gli altri della diversa corrente, coinvolti passanti, ignari turisti, una bella signora anglosassone con una rifinita messa in piega bionda finisce, completamente fradicia, a ripararsi nel portone di un palazzo, noi cerchiamo di sfuggire, ma invano, una parente della mia amica finisce completamente immersa per metà all’interno della fontana, urla, strepiti, risate a non finire… i ceraioli si tolgono le camicie bagnate e le stendono sulla strada, al sole. Arrivano i rinforzi, un sant’ubaldino scova uno di quei capienti vasi decorati, maestria di questi artigiani, lo riempie fino all’orlo e s’apposta in cima ad un ballatoio, scrosci per tutti sotto un pomeriggio rovente, compresi i visitatori con macchine fotografiche e telecamere a riprendere la scena…la fontana dei matti resta piena a metà, in concreto si svuota; no, a Gubbio, in un giorno come questo, nessuna forza pubblica interviene a placare il caos… volevo un chiarimento sulla decantata “follia” degli Eugubini? E’ tutto qui.

 (1) Tratto da “La Festa dei Ceri e la grande guerra -1911 – 1920 -” di Adolfo Barbi

 

 


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