“Un ragazzino andò a fare il servo pastore per conto di un proprietario del quale si bisbigliava in paese che non fosse esattamente pane da far ostie.
Dopo qualche tempo avanzo` al padrone una singolare proposta: “Sentite, avrei da farvi una richiesta…”.
“Se e` qualcosa che mi compete…” rispose l`uomo senza sbilanciarsi.
“Insegnatemi a rubare”.
Dopo aver meditato a lungo, con tono pacato rispose: “Tu devi pensare al tuo dovere e toglierti dalla testa simili corbellerie, dai retta a quello che ti dico.”
Il giovane non osò replicare ma in cuor suo non era persuaso. Dopo qualche tempo avanzò una nuova richiesta. Era una notte serena e luminosa, nonostante si fosse in autunno l’aria era calma e mite. “Insegnatemi a rubare, guardate che bella notte, io farò tutto quello che comanderete, insegnatemi!”.
L’anziano pastore replico con tono severo: “Preoccupati di imparare a fare il pastore che ancora te ne manca! Ti ho già’ detto di toglierti certe idee dalla testa!”.
Il pastorello si ritirò in buon ordine ma continuava a pensare a quanto gli sarebbe piaciuto imparare a rubare. Soprattutto nelle notti di plenilunio, quando la campagna rischiarata dal lucore lunare sembrava attirarlo; diceva a se stesso: ‘guarda che bella notte per rubare! Che peccato, che occasione persa!’.
Passò ancora del tempo e l’inverno giunse con tutta la sua potenza. Una notte si scatenò un tremendo temporale, il pastorello se ne stava rannicchiato nel suo giaciglio, accanto al fuoco, tentando ti coprirsi come poteva con la misera coperta insufficiente a far fronte alle folate che, investendo la capanna, insinuavano all’interno una corrente diaria gelida. I fulmini si succedevano a brevi intervalli e al fragore dei tuoni la capanna dal cono di frasche sembrava scuotersi tutta. Per tutta la sera il giovane aveva sperato che il padrone si facesse vivo per avere il conforto della sua presenza ma infine, all’imbrunire, si era rassegnato; non era probabile che l’uomo si mettesse in cammino con un tempo simile.
La pioggia e il vento non accennavano a placarsi ma lui continuava a tendere l’orecchio verso l’esterno, non riuscendo a prendere sonno.
A un tratto gli sembrò di percepire un rumore diverso dal frastuono del temporale, rimase in ascolto col fiato sospeso, senza osare muovere un muscolo. L’anziano pastore comparve sulla porticina tutto intabarrato e guardò all’interno della capanna, rischiarata dalle braci. Poi si rivolse al servetto: “Ajò! Oggi ti insegno a rubare; questa è la notte buona”.
Il racconto era finito ma io non potendo resistere alla tentazione ho chiesto a mia madrina: “… e ha poi imparato a rubare quel ragazzino?”.
“Certo che ha imparato!”.
Mia madre, seduta accanto, non era intervenuta ma avendo indovinato chi fossero i protagonisti del racconto concluse: “Ha imparato talmente bene che alla fine ha rubato le pecore al padrone!” E rivolta a mia madrina: “dico bene?”.
E lei: “ Già‘, proprio così” confermò.
Featured image la Sardegna vista dal satellite.