L’arancia meccanica è sempre più qui

Creato il 28 settembre 2010 da Sulromanzo
Di Claudia Verardi
Attualità e Arancia Meccanica
I recenti fatti di cronaca intrisi di violenza terribile e gratuita (soprattutto verso i “diversi”, i poveri, gli indifesi, le donne) ci riportano a storie di brutalità, degrado sociale e ferocia inaudita, quasi sempre, tra l’altro, inutile. Ci riconducono a storie tipo quella di Arancia Meccanica, il romanzo capolavoro che Anthony Burgess (1917-1993) scrisse nel 1962 e da cui il maestro Stanley Kubrick trasse l’omonimo film del 1971. Arancia Meccanica è considerato oggi un cult dell’analisi e della satira sociale, è ancora molto attuale, così attuale che sembra scritto ieri, ed è un romanzo che sta a metà tra la fantapolitica e la distopia più assoluta. In qualche modo, Arancia Meccanica (traduzione italiana di Floriana Bossi) ricorda 1984 di George Orwell, soprattutto nell’attacco a una società indifferente alla violenza dilagante, alla volgarità dei modi dell’anima e alla perdita di valori intesi come rispetto dell’uomo nella sua essenza. E ancora, verso l’eccessiva fiducia nello stato e nei governi, verso uno sguardo e una sensibilità morbosi, verso una ribellione solo verbale. Proprio come oggi che viviamo immersi in una società dove Roberto Saviano viene considerato un eroe perché denuncia cose non denunciabili nei suoi libri e nei suoi interventi. Da Arancia Meccanica in poi, dunque, forse non è poi cambiato granché, anche se la storia raccontata nel testo è molto cruenta e, onestamente, troppo forte per essere vera fino in fondo. Alex è un ragazzo intelligente, adora Beethoven, è colto nonostante la giovanissima età ma ha una passione: vagabondare per le strade di notte insieme al gruppo di giovinastri che compongono la banda di cui lui è il capo e compiere crimini di ogni genere. È un ragazzo strano, Alex, antisociale e violento nel profondo. I misfatti di cui si macchia sono soprattutto di natura sessuale. Dopo una serie di malefatte, viene condannato a 14 anni di reclusione per l’omicidio di un’anziana signora, anche se la galera non cambia la sua natura nonostante la frequentazione della biblioteca del carcere e le confidenze col cappellano dell’istituto. La violenza è sempre stata parte – purtroppo – basilare delle umane vicende, spesso insita dentro gli animi in modo radicato. Il passaggio in cui Alex e i drughi (nella versione originale Droog, dal russo друг, cioè amico) violentano la moglie dello scrittore F. Alexander è con molta probabilità ispirato a una vicenda personale che visse Burgess, la cui moglie venne appunto stuprata da tre disertori americani nel 1942 a Londra, al tempo dei bombardamenti. La letteratura e la vita si rispecchiano di continuo, anche quando sembrerebbe tutto frutto di fervide fantasie. E, quel che è peggio, la realtà talvolta può essere più allucinante e allucinata di qualsiasi fantasia perversa. Dal punto di vista stilistico, è interessante notare come nel libro Burgess mescoli al linguaggio comune parole del gergo giovanile dell’epoca, creando così il Nadsat, uno slang che unisce l’inglese (lingua originale del romanzo) a termini russi. In questo modo, lo scrittore amalgamò ancora di più le due realtà, quella fantastica e quella reale. Anche il titolo non venne scelto a caso. Arancia Meccanica (nell’originale inglese Clockwork Orange) nelle intenzioni dello scrittore veniva dall’espressione cockney (il dialetto dei londinesi) “sballato come un’arancia meccanica” o a orologeria, altra possibile traduzione e, quindi, riferito a persona che agisce meccanicamente. In seguito, Burgess puntualizzò di aver scelto Arancia Meccanica per sottolineare come anche un frutto dolce e succoso potesse trasformarsi in qualcosa di malvagio, in un giocattolo a molla pronto a colpire. È ovvio che si tratta di una metafora dei comportamenti umani, che possono scivolare verso l’empietà, anche se la storia non è moralistica, né a lieto fine. Infatti, una volta fuori dal carcere, Alex subirà le rivincite e le conseguenti “punizioni” delle sue vittime alle quali non saprà reagire, perché ormai indifeso dopo la rieducazione subita nell’istituto di correzione. Qualcuno penserà di usarlo come arma contro il partito politico imperante, ma Alex non reggerà la situazione tentando il suicidio. Il tentativo fallisce e Alex viene curato dal governo per cercare di tacitare le polemiche dell’opinione pubblica. I temi del romanzo sono diversi, tutti interessanti e molto attuali, dalla corruzione della politica e della polizia agli scontri generazionali, dall’uso crescente delle droghe (ricordiamo il “latte addizionato” di mescalina e LSD che i Drughi sorseggiano al Korova Milk Bar) alle ansie e alla paura del futuro. Paura di essere uccisi, di non riuscire a superare i propri fantasmi o, peggio ancora, di diventare vittime di una società falsa e prepotente. Analisi interessante, quella di Burgess, critico letterario, profondo conoscitore di musica e sperimentatore di nuovi linguaggi. Non era facile tradurre in immagini un romanzo già così visivo, così tangibile nelle sue visioni letterarie e ci volle solo il genio di Stanley Kubrick – probabilmente uno dei più grandi registi mai esistiti – per poterlo fare. Il protagonista Alex nel film è magistralmente interpretato dall’attore inglese Malcom McDowell (doppiato nella versione italiana da Adalberto Maria Merli) che ben rispecchia il personaggio presentato nel romanzo e che, pronto a tutto, s’incrinò addirittura una costola e subì l’abrasione delle cornee. L’Arancia Meccanica di Stanley Kubrick è un capolavoro assoluto della cinematografia mondiale e, oltre a essere un film fantapolitico e drammatico, racchiude in sé qualche venatura di grottesco e di noir. Con quattro nomination (miglior film, miglior regia, miglior montaggio e miglior sceneggiatura non originale), il film venne presentato nello stesso anno (1972) alla Mostra del Cinema di Venezia, il film di Kubrick è una pietra miliare della Storia del Cinema, oggetto di studio e approfondimento. Inutile dire che, quando arrivò al circuito, la pellicola fece scalpore e sollevò le indignazioni delle istituzioni per la narrazione visionaria e per la speculazione iperrealista, oltre che per le numerose scene di violenza, davvero troppo crude. Stanley Kubrick teneva molto al doppiaggio italiano e supervisionò le fasi di traduzione e adattamento dei dialoghi affidate a Riccardo Aragno, sotto la direzione di Mario Maldesi. Da quel momento in poi il doppiaggio di tutti i suoi film verrà affidato sempre a questo gruppo di professionisti. I suoni, oltre alle immagini, sono molto importanti in Arancia Meccanica. Splendida la colonna sonora con le musiche di Beethoven e Rossini e famose le scene in cui Alex commette i suoi reati canticchiando oscenamente, e senza alcuna pietà, Singing in the Rain. L’elemento sessuale è chiaramente presente in tutto il film, privato del suo valore più puro e utilizzato come arma di attacco – ma forse anche di difesa – verso un mondo cattivo da attaccare prima che ci attacchi. E le tecniche impiegate da Kubrick, come quella del grandangolo che esaspera le prospettive avvicinando i volti e gli oggetti allo schermo e realizzando inquadrature e zoomate che tendono a distorcere i bordi della prospettiva . Un grande film, insomma, che ha saputo mostrare per immagini concetti delicati e passaggi densi di liricità che anticipano molti dei problemi del ventunesimo secolo. L’attacco al barbone nel sottopasso di Wandworth, a Londra, per esempio, ha precorso gli attacchi ai senza tetto dei nostri giorni, dove ragazzetti dallo sguardo – e soprattutto dalle menti – vacue si divertono a dar loro fuoco, senza pensare, magari senza nemmeno sapere quello che stanno facendo. Se analizzato da un altro punto di vista Arancia Meccanica può essere letto come racconto allegorico sul libero arbitrio, sulla deviazione e sul significato della pena conseguente. Alex è un personaggio che in un gioco di rinforzi e coercizioni a ripetere si abbandona alla violenza e la insegue come se fosse una forma artistica, oltre a uno stile di vita. La trasgressione, infatti, a differenza di quanto si potrebbe pensare, non è un momento solo distruttivo, ma rappresenta anche un momento di creazione. Alex riesce a sublimare i momenti di atrocità tuffandoli nella musica di Beethoven, rimanendo inconsapevolmente (o forse no) vittima del delirio e dell’illusione di onnipotenza. La violenza c’è sempre stata – sottolinea Kubrick – nell’arte in genere, nella Bibbia, in Shakespeare, in Omero, ma forse è il modo di mostrarla che impressiona: quella mostrata da cinema e tv fa più effetto e, quindi, più paura. Probabilmente Kubrick scelse di girare Arancia Meccanica per tentare l’analisi cominciata nel romanzo delle modalità di controllo della società senza essere troppo repressiva. Ma è una questione ancora irrisolta, e lo rimarrà ancora a lungo. “Lo stato vede davanti a sé lo spettro minaccioso del terrorismo e dell'anarchia e ciò aumenta il rischio che esso reagisca per eccesso riducendo le nostre libertà. Come per tutte le altre cose della vita, è una questione di giusto equilibrio e di una certa dose di fortuna” dichiarò in un’intervista. Parole sagge, parole sante. 

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