L'arazzo

Creato il 14 marzo 2016 da Artesplorando @artesplorando

Oggi vi parlo di una tecnica e di un oggetto prezioso: l'arazzo è un panno istoriato con motivi araldici, ornamentali o narrativi, usato per decorare, per raccontare, ma anche per scaldare gli ambienti.
La tecnica tradizionale della fabbricazione dell’arazzo è variata poco nel corso dei secoli. L’arazzo è costituito dall’intreccio manuale dei fili dell’ordito con quelli della trama: questi ultimi, di vari colori, coprono totalmente quelli di ordito, che servono da armatura.
Due sono le tecniche di lavorazione:
  1. Nell’alto liccio l’ordito è teso su di un telaio verticale e i fili vengono suddivisi in due serie (anteriore e posteriore) da barre di legno o di metallo; i licci (ovvero cordicelle) vengono assicurati alla barra posteriore, il licciaio lavora sul retro e fa passare i fili di trama prima attorno a un filo di ordito della serie anteriore, e poi a un filo di ordito della serie posteriore.
  2. Nel basso liccio l’ordito è teso su di un telaio orizzontale e i licci vengono mossi da pedali (in questo caso il cartone viene collocato sotto l’ordito). Il licciaio, che ricopre un ordito grezzo con fili di trama, crea il disegno dell’arazzo e nello stesso tempo ne costituisce il tessuto. L’arazzo non è quindi né un canovaccio né un ricamo. Non è neppure un’opera unica, poiché da un unico cartone possono tessersi diversi esemplari; tuttavia è, ogni volta, un’opera originale.

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Il cartone 

Il cartone è il modello, al naturale, necessario all’esecuzione dell’opera di tessitura. È il punto di partenza di qualsiasi arazzo tradizionale. Se ne possono distinguere di diversi tipi:
  • Cartone ispirato a un modello. Tale modello, proveniente da un pittura, un disegno, una miniatura, un incisione e così via, può non essere stato concepito per produrre un arazzo, ma viene successivamente utilizzato a questo scopo. Così, Jean de Bondol, detto Hennequin de Bruges, pittore dei cartoni dell’arazzo dell’Apocalisse, si ispirò a manoscritti miniati. I disegni di Antoine Caron per illustrare il manoscritto di Nicolas Houel della Storia di Artemisia sono all’origine dei cartoni eseguiti da Heny Lerambert e Laurent Guyot. E via dicendo.
  • Cartone originale. Viene concepito e realizzato interamente dallo stesso autore. Citiamo fra tutti i cartoni di Raffaello per gli Atti degli Apostoli. Questi cartoni dipinti tra il 1515 e il 1516 hanno contribuito a "orientare l’arte dell’arazzo ad un adeguamento più completo alle norme e ai procedimenti della pittura". Nel XV secolo, il cartone per arazzo era a chiaroscuro, e toccava al licciaio il compito di definirne i colori. Si serviva di colori puri di origine vegetale o animale.
  • Cartoni eseguiti su bozzetto. L’autore fornisce soltanto un modello a scala ridotta (bozzetto o disegno) e un diverso pittore viene incaricato di eseguire il cartone destinato ai licciai. Charles Le Brun eseguì disegni per gli arazzi i cui cartoni venivano elaborati dai pittori dei Gobelins, specializzati in vari generi. 

Raffaello Sanzio, cartone per la morte di Anania


I grandi centri di produzione 

La tecnica dell’arazzo era conosciuta e praticata sin dall'antichità, in Mesopotamia e in Grecia.
Anello tra l’antichità e il medioevo sono gli arazzi copti, provenienti da tombe egizie tra il III e il XII secolo d. C., che costituiscono il più antico complesso di produzione oggi noto.

Principali officine nei secoli XIV e XVI Parigi, Arras, Bruxelles

L’inizio dell’arte dei licciai in Europa risale all’alto medioevo; tuttavia, gli esempi più antichi conservati sono l’arazzo di San Gereone, tessuto a Colonia alla fine dell’XI secolo, e i tre arazzi della cattedrale di Halberstadt, opere realizzate intorno al 1200, con la tecnica del punto annodato, presso un’officina monastica, il convento di Quedlinburg in Germania.
La grande epoca dell’arazzo cominciò però nella seconda metà del XIV secolo, quando esso assunse importanza considerevole come ornamento di castelli e chiese. Parigi ed Arras furono allora i primi e principali centri di tessitura, seguiti da Tournai e da Bruxelles. In assenza di documenti d’archivio, determinare con certezza il luogo di esecuzione degli arazzi è un problema molto delicato, tanto è grande la difficoltà di fissare criteri di distinzione tra la produzione dei vari centri di tessitura.
Quanto all'origine dei cartoni, di solito s’ignora il nome dei pittori cui venivano richiesti.

Arazzi di San Gereone


I licciai fiamminghi in Italia 

La Riforma protestante provocò la fuga di numerosi licciai e la loro dispersione in vari paesi. Accolti dalle corti straniere, vi costituirono centri di produzione di arazzi. Cosí, arazzieri fiamminghi operarono a Ferrara per il duca d’Este; tra le opere più significative prodotte da questa officina vanno ricordati gli arazzi tratti da Battista Dossi. A Firenze i licciai fiamminghi eseguirono arazzi su cartoni del Bronzino e di Pontormo, di Bacchiacca e di Salviati.

Bruxelles nel XVII secolo 

L’emigrazione dei licciai comportò un certo declino delle officine di Bruxelles. Tuttavia esse conobbero nuovo splendore nel XVIII secolo grazie a Rubens, con i cartoni per la Storia di Decio Mure, l’Apoteosi dell’Eucaristia e la Storia di Achille. Anche l'artista Jordaens fornì molti cartoni stupendi, nei quali rivaleggiò con Rubens in barocca grandiosità.

Arazzo con l'Apoteosi dell'Eucarestia disegnato da Rubens


Fontainebleau e Parigi nel XVI secolo 

Appassionato di arazzi Francesco I acquistò a Bruxelles alcune serie molto importanti. Nel 1540 il re insediò a Fontainebleau licciai parigini che realizzarono la tessitura della serie della Galleria di Francesco I. Qualche anno dopo, nel 1551, Enrico II fondò a Parigi, in rue Saint-Denis, un’officina, posta nell’Ospedale della Trinità. Ad essa è stata attribuita la serie della Storia di Diana, eseguita per il castello di Anet tra il 1550 e il 1560.

Le officine parigine nel XVII secolo 

Enrico IV promosse la costituzione, a Parigi, di manifatture di arazzi. Nel 1597 venne fondata un’officina nella casa professa dei gesuiti in rue Saint-Antoine. Diretta da Girard Laurent, cui si affiancò Maurice Dubout (proveniente dalla Trinità), presto trasferita nella galleria del Louvre. La produzione delle officine parigine fu importante e di alta qualità. Nominato da Enrico IV "pittore per gli arazzi del Re", Henri Lerambert fu autore di numerosi e celebri cartoni. A Lerambert successero  poi altri artisti come Guillaume Dumée e Laurent Guyot.
Il 1627 fu una data importante per il ritorno dall’Italia di Simon Vouet, ritorno voluto dal re, che in particolare desiderava affidare al suo pittore la "responsabilità dei cartoni per arazzi". Come farà piú tardi Le Brun presso i Gobelins, Vouet organizzò una vera e propria officina col compito di realizzare gli arazzi su disegni o da quadri suoi.

Le manifatture reali: i Gobelins, Beauvais e la Savonnerie.

Nel 1662 Colbert politico ed economista francese, decise di raggruppare presso i Gobelins le officine ad alti e bassi licci sparse nella città di Parigi, cui aggiunse quella creata a Maincy da Nicolas Fouquet. Mirava a sviluppare una produzione artistica in grado di porsi in concorrenza con quella degli stati vicini. Le Fiandre, che fino al XVII secolo avevano occupato una posizione di preminenza, la perdettero a vantaggio delle manifatture reali volute dal Luigi XIV e da Colbert.

Francisco Goya, cartone per la vendemmia


La manifattura spagnola di Santa Barbara 

Vale la pena segnalare l’esistenza, nel XVIII secolo, della manifattura spagnola di Santa Barbara, la cui creazione fu voluta da un Borbone, Filippo V. Tra le sue prime realizzazioni vanno citate in particolare le serie ordinate dal re a Michel-Ange Houasse (Telemaco), e ad Andrea Procaccini. Dopo la scomparsa di questi due artisti, la manifattura conobbe un periodo di declino. Verso la metà del XVIII secolo però le officine ripresero vita, grazie alla direzione di Corrado Giaquinto prima e di Raphael Mengs poi.
La celebrità di Santa Barbara fu assicurata nell’ultimo quarto del secolo da Goya, che era entrato nella manifattura in qualità di pittore di cartoni. Dal 1774 al 1791, dipinse 45 tele rappresentanti scene di vita madrilene, destinate a servir da modelli per arazzi nell’arredo dei palazzi reali.

Il XIX secolo 

Nel XIX secolo non esistono grandi officine se non in Francia, dove le manifatture dei Gobelins, di Beauvais e della Savonnerie proseguirono, malgrado concrete difficoltà, la propria attività. Meritano segnalazione alcuni tentativi, in particolare la manifattura creata in Inghilterra da William Morris nel 1861 (attiva fino al 1940). Raccogliendo intorno a sé pittori preraffaelliti, particolarmente Edward Burne-Jones, Morris intendeva liberare l’arazzo dalla sua soggezione alla pittura con un ritorno a un numero limitato di colori, all'eliminazione della prospettiva, ecc.
In Norvegia, a partire dal 1890, vennero realizzati arazzi da cartoni di artisti come Frida Hansen e Gerhard Munthe, che tornarono all'impiego di coloranti vegetali.

Jean Lurçat, lo spirito della Francia


Il XX secolo 

La rinascita dell’arazzo fu opera di Jean Lurçat, pittore francese. Fondamentale fu il suo incontro con i licciai di Aubusson. Le officine private, che un tempo avevano ottenuto da Colbert il titolo di manifatture reali di Aubusson, si trovavano da lungo tempo un poco a corto di cartoni originali di qualità.
Grazie all’iniziativa dell'imprenditrice e mecenate Marie Cuttoli, le officine di Aubusson eseguirono un cartone di Georges Rouault, i Fiori del male, presto seguito dalla tessitura di quadri di celebri pittori: Léger, Braque, Matisse, Picasso, Dufy, Miró, Marcoussis e Derain. Fu proprio Marie Cuttoli a rivolgersi a Jean Lurçat, che nel 1923 diede il suo primo cartone per Aubusson, il Temporale. L’esperienza suscitò un rinnovato interesse per l’arazzo.
Fautore della "liberazione dalla pittura dell’arazzo moderno, per riportarlo alla grande arte del medioevo", Lurçat sosteneva che l’arazzo è "un’arte d’ordine monumentale", opinione condivisa da Le Corbusier, che parlerà di "muro di lana".
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Nella scia di Lurçat, una generazione di pittori cartonisti contribuì allo sviluppo dell’arazzo: Gromaire, Picart le Doux, Saint-Saëns, Dom Robert, ecc. Nel 1946 Matisse fornì alla manifattura di Beauvais i cartoni della serie Polinesia. Da quel momento artisti (pittori, scultori o architetti) come Picasso, Braque, Chagall, Arp, Miró, Gilioli, Adam, e Le Corbusier, o ai nostri giorni Penalba, Aillaud, Gäfgen, hanno individuato nell’arazzo un nuovo mezzo espressivo.
Si deve a Lurçat, negli anni ’60, l'inaugurazione, a Losanna, di una Biennale internazionale dell’arazzo.
Questa Biennale ha consentito di fare il punto sulle ricerche effettuate in tutto il mondo portando la tecnica verso il futuro, verso il XXI secolo.
Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui